Decreto salva casa 2024: più facile sanare piccole difformità. Ma non è un condono

di Alessandro Mezzina

decreto salva casa 2024, più facile sanare lievi difformità

Il decreto salva casa 2024, convertito nella legge 105 del 24 luglio 2024, introduce importanti novità per semplificare la regolarizzazione delle piccole difformità edilizie, senza configurarsi come un condono. Questo provvedimento mira a sbloccare il mercato immobiliare, facilitando la sanatoria degli abusi minori e promuovendo l’efficientamento energetico degli edifici in Italia.

Se ne parlava da tanto tempo e finalmente il 28 luglio 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la conversione in legge del decreto “Recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”. Abbreviato in “Salva-casa”.

Ma quali sono i contenuti di questa legge? Perché è stata voluta? Cosa comporta per le case degli italiani? Si tratta di un condono o no?

In questo articolo proveremo a riassumere sinteticamente i principali contenuti del decreto salva casa 2024 che, nella sua conversione in legge, ha subito numerose modifiche che da un lato hanno ristretto alcune delle previsioni originali e dall’altro le hanno ampliate.

All’atto pratico il decreto salva casa 2024 apporta delle modifiche al Testo Unico dell’Edilizia, il D.pr. 380/2001, la legge che disciplina l’edilizia privata in Italia. Interviene su alcuni punti ben precisi, con lo scopo dichiarato di sbloccare la situazione di stallo in cui versa il mercato immobiliare a causa delle piccole difformità diffuse su una larghissima fetta del patrimonio edilizio nazionale e che non solo bloccano le compravendite, ma anche le trasformazioni edilizie e l’efficientamento energetico degli immobili.

decreto salva casa 2024: cosa cambia per le verande

Le difformità del patrimonio edilizio italiano

Chiunque opera nel settore infatti è consapevole di come le case degli italiani siano piene di piccoli abusi e difformità, alle volte ereditati dai precedenti proprietari o addirittura dal costruttore, che data la complessità della normativa sono di fatto insanabili.

Il Testo Unico dell’Edilizia è chiaro nell’affermare che non è possibile realizzare interventi edilizi e nemmeno usufruire delle detrazioni fiscali per tutti gli immobili che non siano pienamente conformi.

Così molte persone continuano a realizzare delle trasformazioni edilizie necessarie per mantenere in salute ed aggiornare la casa, senza fare le necessarie pratiche edilizie perché impossibilitati. Il tutto accumulando nuovi abusi e difformità l’uno sull’altro, quando in realtà potrebbero realizzare tutto in regola.

Il decreto salva casa 2024 vuole provare a facilitare la sanatoria di queste situazioni per dare una scossa ad un mercato immobiliare di nuovo asfittico dopo gli sfarzi del superbonus, ed in previsione dei necessari interventi richiesti dalla direttiva Case green.

In particolare il decreto salva casa 2024 interviene sui seguenti aspetti:

  • Recupero abitativo dei sottotetti e deroga alle distanze minime;
  • Amplia il perimetro dell’edilizia libera;
  • Approfondisce la definizione dello stato legittimo dell’immobile;
  • Disciplina il cambio di destinazione d’uso senza opere;
  • Modifiche all’agibilità;
  • Promuove la demolizione delle opere abusive;
  • Espande il perimetro delle tolleranze costruttive ed esecutive;
  • Distingue tra lievi difformità e difformità gravi definendo vari regimi di sanatoria.

Vediamo gli aspetti principali di ognuno di questi punti.

Recupero abitativo dei sottotetti e deroghe alle distanze minime

Molte Regioni hanno una legislazione che consente di recuperare i sottotetti delle abitazioni ai fini abitativi. In sostanza queste leggi consentono di trasformare un sottotetto in un ambiente abitativo, rispettando alcuni parametri.

Uno dei problemi più grandi è che, poiché il recupero del sottotetto configura un nuovo volume abitativo (solitamente i sottotetti non costituiscono volumetria), la legge richiedeva di rispettare anche dei parametri urbanistici importanti come la distanza dal confine (solitamente 10m) e la distanza da altri fabbricati (solitamente 5m).

Però, spesso, i sottotetti si trovano su edifici costruiti in periodi storici in cui tali distanze erano differenti da quelle attuali, oppure proprio non erano previste: in particolare nei centri delle città non è raro che le distanze minime previste dalla normativa attuali non possano essere rispettate. Quindi, una legge regionale che consente il recupero abitativo del sottotetto, in molti casi si poteva rivelare inefficace.

Partendo da tale presupposto, all’articolo 2-bis del D.pr. 380/2001, che definisce i limiti di distanza tra i fabbricati, con il decreto salva casa 2024 è stato aggiunto il comma 1-quater che supera tale problematica, rendendo possibile il recupero di un numero maggiore di sottotetti.

Nuove Opere rientranti in Edilizia Libera

Il comma 1 dell’articolo 6 del D.pr. 380/2001 definisce quali sono le opere rientranti in edilizia libera.

Tra queste opere erano già presenti le vetrate panoramiche (cosiddette VEPA), introdotte con la legge 142/2022. Il decreto salva casa 2024 fa rientrare in edilizia anche le VEPA che vengono realizzate nei porticati, mentre prima erano previste solo per balconi aggettanti o logge. Viene però fatto un chiarimento essenziale nel decreto salva casa 2024: le VEPA non possono essere installate in porticati pubblici o privati ma con uso pubblico e nemmeno in porticati che affacciano su aree pubbliche.

Questo sembra logico anche in considerazione che molte città italiane hanno marciapiedi porticati (spesso privati ma ad uso pubblico) che avrebbero rischiato di venire chiusi da queste vetrate panoramiche.

Rimane invariato il fatto che tali vetrate panoramiche non possono costituire nuova volumetria abitabile: quindi, per intenderci, è vietato chiudere il terrazzo di casa e metterci il soggiorno.

Inoltre, il decreto salva casa 2024 inserisce un nuovo comma all’articolo 6, il b-ter: con esso vengono ufficialmente aggiunte tra le opere in edilizia libera anche le pergotende (“tende a pergola”) coperte con telo retrattile, con elementi di protezione solare mobili o regolabili (tipo lamelle orientabili) e anche le pergole bioclimatiche.

Queste ultime sono pergole la cui copertura è generalmente realizzata con lamelle che ruotano o si possono impacchettare: addossate a pareti finestrate possono aiutare in modo significativo la regolazione del microclima interno.

Determinazione dello stato legittimo dell’immobile

Uno degli aspetti emersi con il superbonus, e legato in generale alla fruizione delle detrazioni fiscali, è quello della difficoltà di definire quale sia lo stato legittimo di immobili realizzati molti anni fa, magari oggetto di vari interventi edilizi.

Lo stato legittimo dell’immobile è la configurazione plano-volumetrica dell’edificio ufficialmente assentita dai titoli edilizi. La definizione ufficiale è stata inserita all’interno del Testo Unico dell’Edilizia nel 2020, e la possiamo trovare al comma 1-bis dell’articolo 9.

Nella versione originale del testo di legge, lo stato legittimo era determinato dal titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’edificio e dall’ultimo titolo che ha interessato l’intero immobile. In sostanza era necessaria una lettura combinata dei due titoli per determinare lo stato legittimo.

Il decreto salva casa 2024 è intervenuto modificando questo articolo: ora lo stato legittimo è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio. Quindi è sufficiente fare la verifica rispetto a uno dei due titoli.

Questa sembra una importante semplificazione nella determinazione dello stato legittimo. Se non fosse che con la conversione in legge del decreto salva casa 2024, è stata inserita una clausola: l’ultimo titolo edilizio è valido per testimoniare lo stato legittimo degli immobili solo se l’amministrazione che l’ha rilasciato (solitamente il Comune) ha verificato che i titoli pregressi (quindi a partire dal titolo di costruzione) siano legittimi.

Questa clausola del decreto salva casa 2024 indebolisce la portata di questa modifica che forse sarebbe stato opportuno lasciare un po’ più flessibile.

Infatti, la maggior parte degli edifici italiani sono stati realizzati in un periodo in cui le pratiche edilizie erano meno precise rispetto a ora, e in cui la realizzazione non sempre seguiva pedissequamente gli elaborati di progetto: definire in modo più chiaro lo stato legittimo di immobili che sono stati oggetto di interventi in tempi più recenti è importante.

Questo aspetto viene ulteriormente approfondito quando il decreto salva casa 2024 parla di tolleranze edilizie e di lievi difformità, che affronteremo tra poco.

In merito alla definizione dello stato legittimo c’è però un’altra aggiunta fatta dal decreto salva casa 2024 che è interessante: nel determinare lo stato legittimo di una unità immobiliare (un appartamento ad esempio) non rilevano le difformità delle parti comuni (scale ed androni ad esempio) e viceversa.

Questa è una semplificazione importante. Bisogna però considerare che ci sono molti punti in cui parti comuni e private si sovrappongono, come ad esempio le strutture portanti dell’edificio. Quindi all’atto pratico non sarà sempre di semplice applicazione.

Cambio di destinazione d’uso senza opere

L’articolo 23-ter del D.pr. 380/2001 disciplina i cambi di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti. Per capire su cosa è intervenuto il decreto salva casa 2024 dobbiamo fare qualche approfondimento.

Come funziona il cambio di destinazione d’uso

Il testo originale della legge definisce cinque macro-categorie funzionali all’interno di cui possono rientrare gli immobili:

a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.

In caso di cambio di destinazione d’uso da una all’altra categoria funzionale, per la legge si sta compiendo una mutazione che ha rilievo dal punto di vista urbanistico. I piani regolatori possono vietare i cambi di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti perché, ad esempio, possono ritenere che in un’area della città dove ci sono solo industrie, non sia un bene avere anche case. Quindi se qualcuno vuole trasformare il suo capannone in casa, viene semplicemente vietato.

Facciamo un passo avanti: all’interno della stessa categoria funzionale ci possono essere più destinazioni d’uso. Un esempio che rientra nella categoria residenziale sono gli uffici o gli studi medici: quando si trovano all’interno di edifici prevalentemente residenziali, tali unità immobiliari rientrano nella categoria funzionale delle residenze pur non essendolo.

Anche in questo caso il cambiamento di destinazione d’uso può essere vietato dal piano regolatore.

Come interviene il decreto salva casa 2024 sul cambio di destinazione d’uso

Il decreto salva casa 2024 ha aggiunto alcuni commi all’articolo 23-ter, con lo scopo di regolare i cambiamenti di destinazione d’uso per alcune specifiche casistiche.

  • Comma 1-bis: il cambio di destinazione d’uso senza opere, all’interno della stessa categoria funzionale, è sempre possibile;
  • Comma 1-ter: per gli immobili che si trovano nei centri storici, nelle aree residenziali e nelle aree di espansione residenziale (zone urbanistiche omogenee A, B, C), il cambio di destinazione d’uso senza opere è sempre possibile anche tra una categoria funzionale e l’altra (ad eccezione di quella rurale, la d);

Viene anche chiarito cosa si intende per “senza opere”: tale definizione viene estesa anche alle opere di edilizia libera. Cioè se per realizzare il cambio di destinazione d’uso sono necessarie opere di edilizia libera (pavimenti, rivestimenti, sostituzione infissi, pitturazioni, etc.) si considera come fosse realizzato senza opere.

Con il comma 1-quater vengono affrontati più aspetti:

  • gli strumenti urbanistici comunali possono finalizzare il cambio di destinazione d’uso a fare conformare quella dell’unità immobiliare a quella prevalente delle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Così se in un edificio ci sono solo residenze ed un negozio, il Comune potrebbe decidere che il cambio di destinazione d’uso può solo avvenire da negozio a residenza e non viceversa;
  • quando si fa un cambio di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse non è necessario reperire standard urbanistici aggiuntivi ma solo il pagamento del contributo per le opere di urbanizzazione secondaria;
  • viene prevista un regime particolare per le unità immobiliari al piano semiinterrato e al primo piano fuori terra: in sostanza sono le Regioni che decidono se si possono fare i cambi di destinazione d’uso come abbiamo qui riportato. Questo perché a questi piani, ad esempio, si potrebbe non volere che vi siano residenze.

Infine il comma 1-quinquies disciplina il procedimento edilizio per questa tipologia di cambio di destinazione d’uso: la SCIA.

Agibilità degli immobili

Il decreto salva casa 2024 è intervenuto anche in tema di agibilità degli immobili. In particolare, all’interno dell’articolo 24 del D.pr 380/2001, che disciplina l’agibilità, ha introdotto alcuni nuovi commi.

Con il comma 5-bis il decreto salva 2024 casa ha modificato alcuni dei requisiti igienico-sanitari da rispettare per poter determinare l’agibilità di un immobile:

  • L’altezza minima dei locali, prima pari a 2,7m, può ora essere pari a 2,4m;
  • La dimensione minima dei mini alloggi per una persona, prima pari a 28mq, ora può essere pari a 20mq;
  • La dimensione minima dei mini alloggi per due persone, prima pari a 38mq, ora può essere pari a 28mq.

Attenzione ad un aspetto: si tratta di requisiti igienico-sanitari per poter asseverare l’agibilità di un immobile. Ma non si tratta di requisiti edilizi: cioè significa che se nei regolamenti edilizi è riportato che l’altezza minima di un immobile residenziale deve essere pari a 2,7m, questo rimarrà valido fino al recepimento da parte del Comune dei nuovi limiti.

In compenso, in edifici esistenti, i tecnici potranno asseverare l’agibilità di edifici esistenti anche per altezze fino a 2,4m.

Però ci sono altre condizioni da rispettare, e sono chiarite nel comma 5-ter:

  • Bisogna dimostrare il requisito di adattabilità previsto dalla normativa sul superamento delle barriere architettoniche: cioè bisogna dimostrare che, con alcune opere edilizie, l’immobile può essere adeguato per essere utilizzato da una persona disabile (sempre che non sia già adeguato);
  • L’edificio all’interno di cui si trovano i locali oggetto di agibilità, devono essere tra quelli che il piano regolatore comunale prevede siano sottoposti a interventi di recupero edilizio e miglioramento delle caratteristiche igienicosanitarie;
  • In alternativa al punto sopra, bisogna presentare un progetto di ristrutturazione in cui si dimostri in sostanza di migliorare le altre caratteristiche igienico sanitarie dell’immobile, in particolare l’areazione e la ventilazione.

Nonostante l’apertura della legge, questi ultimi punti non renderanno molto semplice sfruttare tali deroghe.

Alienazione e demolizione di opere abusive

Partiamo da una premessa: in Italia l’abusivismo edilizio è stato ed è molto diffuso. Non intendiamo piccole difformità, ma abusi significativi: cioè tutti quelli realizzati senza i necessari permessi o in totale difformità da questi.

L’articolo 31 del Testo Unico dell’Edilizia disciplina quello che deve fare l’amministrazione comunale quando rileva la realizzazione di un’opera in assenza o difformità sostanziale dai permessi. Sinteticamente:

  1. ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione dello stesso;
  2. se non viene ottemperato tale ordine entro 90 giorni, il bene entra a far parte gratuitamente del patrimonio comunale;
  3. comminare una multa al responsabile dell’abuso, i cui proventi servono per ripristinare lo stato dei luoghi.

Il legislatore ha appurato che il mancato ottemperamento dell’ordinanza di demolizione, raramente porta all’acquisizione e al ripristino delle aree da parte delle amministrazioni. Pertanto il decreto salva casa 2024 integra l’articolo 31 del D.pr. 380/2001, con alcune nuove casistiche:

  • consente una proroga dei termini di demolizione delle opere abusive fino ad un massimo di duecentoquaranta giorni, da fare con un atto motivato;

consente alle amministrazioni, in determinati casi, di acquisire gli immobili abusivi e venderli, obbligando l’acquirente (che non può essere chi ha eseguito l’abuso) a rimuovere le opere abusive.

le nuove tolleranze esecutive introdotte dal decreto salva casa 2024

Decreto salva casa 2024: le nuove tolleranze costruttive ed esecutive

L’articolo 34-bis del D.pr. 380/2001 definisce le tolleranze costruttive: si tratta delle differenze tra le misure riportate nei progetti assentiti e quanto effettivamente realizzato. E sono nella misura del 2%.

Ciò significa che qualsiasi misura che si discosta da quanto concesso fino al 2%, è considerato tollerabile e non costituisce difformità.

Purtroppo tale percentuale di difformità risulta spesso essere insufficiente, soprattutto per gli edifici particolarmente vecchi. Il decreto salva casa 2024 ha aggiunto delle percentuali incrementali di tolleranza, inversamente proporzionale alla superficie dell’immobile:

  1. 2% per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
  2. 3% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 mq;
  3. 4% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 mq;
  4. 5% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq;

d-bis) del 6% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore a 60mq.

Inoltre, al nuovo comma 1-ter, l’originaria tolleranza del 2% viene estesa anche alle:

  • Distanze dal confine (da 5,00m a 4,90m)
  • Distanze tra fabbricati (da 10,00m a 9,80m)
  • Requisiti igienico sanitari (ad esempio altezza minima da 2,70m a 2,646m, ma anche tutti gli altri requisiti)

Viene affrontato poi il tema delle tolleranze esecutive: cioè le irregolarità geometriche, le differenti finiture, la diversa collocazione di impianti e opere interne, resesi necessarie durante i lavori.

Il precedente testo di legge, all’art. 34-bis comma 2, definiva genericamente queste tolleranze accettabili purché di minima entità.

Il decreto salva casa 2024 ha messo nero su bianco quali sono queste tolleranze esecutive, aggiungendo il nuovo comma 2-bis:

  • minore dimensionamento dell’edificio;
  • mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
  • irregolarità esecutive di muri esterni ed interni;
  • difforme ubicazione delle aperture interne;
  • difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
  • errori progettuali corretti in cantiere;
  • errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Come il decreto salva casa 2024 affronta le difformità lievi e gravi e lìaccertamento di conformità

Uno degli aspetti più significativi affrontati dal decreto salva casa 2024 è quello legato alla possibilità di sanare le difformità presenti su un immobile.

Detto che le difformità legati alla diversa distribuzione interna degli ambienti sono facilmente risolvibili con il procedimento della CILA in sanatoria, qui stiamo parlando di difformità più importanti che vanno dall’esecuzione delle opere in parziale difformità dal permesso di costruire fino a quelle in assenza di titolo edilizio.

La vecchia versione del Testo Unico dell’Edilizia prevedeva il generico procedimento di Accertamento di Conformità, disciplinato dall’articolo 36.

La versione del decreto salva casa 2024 convertita in legge, ha introdotto due nuovi articoli e ha modificato l’articolo 36, quindi adesso la disciplina della sanatoria viene affrontata in:

  • Art. 34-ter Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo (nuovo articolo);
  • Art. 36 Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
  • Art. 36-bis Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali (nuovo articolo).

Art. 34-ter Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo

Questo nuovo articolo si concentra su una precisa tipologia di difformità:

  • Quelle realizzate su edifici il cui titolo edilizio (licenza edilizia in questo caso) è precedente alla legge 10 del 1977 (legge Bucalossi);
  • Quelle eseguite in corso d’opera (cioè durante la costruzione dell’edificio), quindi presumibilmente negli anni subito successivi al rilascio del titolo edilizio;
  • Quelle che non rientrano nelle tolleranze costruttive che abbiamo visto poco fa.

Il motivo di tale spartiacque è che prima della legge 10 del 1977 non esisteva nessuna procedura ufficiale di variante in corso d’opera. Quindi le modifiche agli edifici venivano realizzate senza effettuare comunicazioni all’amministrazione.

Il decreto salva casa 2024 vuole aiutare a regolarizzare tali situazioni che spesso sarebbero irregolarizzabili.

Per farlo è necessario:

  • Presentare una SCIA;
  • Pagare un’oblazione (determinata secondo le modalità presenti in altro articolo del D.pr. 380/2001);
  • Dimostrare l’epoca di realizzazione delle varianti o, in caso non sia dimostrabile, può essere attestata da un tecnico abilitato.

Questo articolo riporta anche un’altra casistica: se le difformità sono state accertate con un sopralluogo da parte di personale dell’amministrazione, ma non è stato emanato ordine di demolizione ed è stata rilasciata abitabilità o agibilità, le difformità rientrano tra le tolleranze edilizie, quindi sono automaticamente sanate.

Art. 36 Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità

La versione originale dell’articolo 36 dava la possibilità di sanare gli abusi, purché fosse verificata la cosiddetta doppia conformità. Cioè l’opera abusiva doveva essere realizzabile secondo la disciplina dell’epoca in cui è stata realizzata e deve essere realizzabile secondo la disciplina di quando viene richiesta la sanatoria. Questo sia dal punto di vista della normativa urbanistica che di quello della normativa edilizia.

Sappiamo tutti che la disciplina urbanistico-edilizia italiana è in continuo mutamento: difficilmente un piano regolatore in vigore negli anni ’70 è in vigore ancora oggi. Allo stesso modo tutte le discipline di settore sono cambiate e continuano a cambiare vorticosamente: tutela paesaggistica, idrogeologica, ambientale, etc. Negli ultimi decenni è stato un fiorire di normative di settore spesso non presenti quando le opere abusive sono state realizzate.

Così quasi sempre interventi regolarmente assentibili venti o trenta anni fa, ora non potrebbero più esserlo, e viceversa. Rendendo di fatto spesso impossibile sanare anche piccole difformità, di nessuna oggettiva rilevanza.

Il legislatore con il decreto salva casa 2024 è voluto intervenire su questi aspetti partendo da una distinzione tra gli abusi gravi e le parziali difformità, ora disciplinati da due diversi articoli:

  • l’articolo 36 ora si chiama “Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità”;
  • è stato aggiunto il nuovo articolo 36-bis, “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”.

Art. 36-bis Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali

Definire quali siano le “parziali difformità” non è semplice. La relazione illustrativa che accompagna il decreto salva casa 2024 prova a dare un indirizzo: le individua nello spazio che va dalle tolleranze costruttive, di cui abbiamo appena parlato, alle variazioni essenziali.

Per definire queste ultime bisogna invece fare riferimento ai contenuti dell’articolo 32 del D.pr. in analisi, e cioè:

  1. mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
    1. aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
    1. modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
    1. mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
    1. violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Non approfondiamo oltre perché non è oggetto di questo articolo.

L’aspetto essenziale disciplinato dal nuovo articolo 36-bis, al comma 1, è che per le parziali difformità non serve più la doppia conformità, ma è sufficiente:

  • la conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento di presentazione della domanda di sanatoria;
  • la conformità alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso.

Per essere più chiari, la disciplina urbanistica si riferisce a tutti i vincoli paesaggistici/idrogeologici/ambientali/etc.; invece nella disciplina edilizia rientrano ad esempio le distanze tra gli edifici, le distanze dai confini, le altezze interne, etc.

Questo è un aspetto sicuramente importante perché elimina la doppia conformità di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, causa dell’impossibilità di sanare molte situazioni. Tale doppia conformità invece rimane in vigore per quanto riguarda le opere realizzate in totale difformità dal permesso di costruire, disciplinate dall’articolo 36.

Il procedimento edilizio per ottenere la sanatoria è ancora una volta la SCIA.

Altra novità significativa dell’articolo 36-bis è la possibilità, da parte dell’amministrazione, di chiedere la realizzazione delle opere necessarie ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica ed igienico sanitaria: così risulterà più semplice arrivare alla conclusione della sanatoria anche in casi limite di difficile interpretazione.

Altra novità significativa è la possibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria anche in caso di aumenti volumetrici o superfici utili maggiori (come ad esempio un tetto piano che diventa terrazzo). Tale possibilità prima non era contemplata.

Tutto ciò vale chiaramente per gli edifici oggetti di sanatoria che ricadono in area tutelata.

L’articolo 36-bis disciplina anche:

  • le sanzioni per i permessi e le SCIA in sanatoria, individuando varie casistiche da applicare di volta in volta;
  • i tempi in cui devono esprimersi le amministrazioni, pari a 45 giorni: in caso di mancata risposta la richiesta si intende accolta (silenzio-assenso).

Quanto costerà sanare le lievi difformità?

Ogni volta che si deve sanare una difformità o un abuso è necessario pagare una sanzione.

Per le difformità interne minori, sanabili con una CILA, esiste una multa dall’importo fisso di 1.000€. Per le difformità più gravi, cioè realizzate senza permesso di costruire o con variazioni essenziali (quelle di cui si occupa l’art.36 del D.pr. 380/2001), la sanzione è pari al doppio del contributo di costruzione calcolato secondo le modalità previste da ogni Comune.

Per le difformità parziali, introdotte dal nuovo articolo 36-bis, la questione è abbastanza complessa e si dovrà calcolare in modo preciso di volta in volta. In ogni caso si parla di una doppia sanzione così regolata:

  1. “pari al doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’articolo 16, incrementato del 20 per cento in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all’articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell’articolo 32.
    Non si applica l’incremento del 20 per cento nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
  2. pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l’intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all’articolo 37, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 5-bis.
    Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”

Nb: Il valore venale di un immobile è dato dalla somma del valore fondiario e del valore dell’edificio. Risulta chiaro che ogni trasformazione dell’edificio possa potenzialmente portare a un aumento di tale valore.

i costi del decreto salva-casa 2024

Conclusioni: il decreto salva casa 2024 aiuterà a sanare il patrimonio edilizio italiano?

Come abbiamo avuto modo di vedere, il decreto salva casa 2024 (e la sua conversione in legge) è un testo molto tecnico, che interviene su un numero limitato di articoli del Testo Unico dell’Edilizia. Si tratta di un chiaro tentativo del legislatore di incentivare la messa in regola di piccoli abusi che sono capillarmente diffusi sul territorio italiano.

La relazione che accompagna il decreto dichiara che le ragioni di tale decreto siano sbloccare la situazione di stallo del mercato immobiliare. Ed effettivamente un intervento tempestivo in tal senso è quanto meno indispensabile, non solo dal punto di vista della commerciabilità degli immobili, ma soprattutto dal punto di vista dell’efficientamento energetico degli stessi.

Sappiamo infatti che il recente decreto europeo Case-green ha fissato dei termini molto stretti per efficientare un enorme numero di immobili. Ma non si può obbligare i cittadini ad efficientare casa, pertanto senza incentivi sarà difficile raggiungere gli obiettivi fissati. E gli incentivi in questo settore si chiamano detrazioni fiscali.

Il Testo Unico dell’Edilizia all’ art.49 – Disposizioni fiscali, chiarisce che le detrazioni fiscali possono essere usufruite solo per interventi senza abusi e difformità. Pertanto sanare è un’esigenza impellente e il decreto salva casa 2024 si muove in questa direzione.

Ora sarà necessario capire se quanto riportato al suo interno impatterà un numero sufficiente di immobili e se i proprietari di casa vorranno intraprendere un percorso che, anche a fronte di evidenti semplificazioni, potrà comunque rivelarsi lungo e tortuoso.

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