Lavori in casa e agibilità
Dopo una ristrutturazione è necessario ottenere nuovamente l’agibilità della propria casa?
Cosa significa avere l’agibilità? L’agibilità è il documento che sancisce la presenza di tutti i requisiti igienicosanitari e di sicurezza richiesti per abitare in una casa. Si tratta di un procedimento autonomo rispetto ai titoli edilizi e va presentato dopo aver finito i lavori. Il Testo Unico dell’Edilizia (art.24) chiarisce quali siano i requisiti per ottenere l’agibilità, cioè la: «sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati».
Ma cosa significano questi termini? Vediamolo nel pratico:
- gli ambienti devono rispettare le destinazioni d’uso e le misure minime di legge;
- le finestre devono essere abbastanza grandi per garantire luce e ricambi d’aria;
- gli impianti devono rispettare le normative;
- l’edificio deve essere strutturalmente sicuro;
- gli interventi effettuati sull’involucro e sugli impianti devono rispettare i requisiti di efficienza energetica.
Ma allora, avendo già l’agibilità, dopo una ristrutturazione è necessario rifarla?
Si tratta di un tema dibattuto sia tra i tecnici sia nelle amministrazioni comunali. E gli orientamenti sono discordanti. Il motivo è che il già citato Testo Unico dell’Edilizia è cambiato in alcune parti e non è stato aggiornato in altre. Senza addentrarci in aspetti tecnici, ufficialmente per la legge l’agibilità va rifatta solo in seguito a un permesso di costruire o a una SCIA.
Ma ormai da anni, per la medesima legge, le ristrutturazioni possono essere realizzate con una CILA. E la maggior parte delle ristrutturazioni si realizza proprio in questo modo. Fermandosi a una prima lettura quindi l’agibilità non dovrebbe essere rifatta dopo una CILA. E molte amministrazioni comunali sposano questo orientamento.
Ma a mio modo di vedere, e di tante amministrazioni, è un’interpretazione sbagliata. Infatti la ratio della legge non è determinare con quale procedimento edilizio sono stati fatti i lavori, ma se hanno modificato le condizioni di «sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico» della casa. Le ristrutturazioni che si fanno con la CILA consentono di:
- modificare la dimensione e il numero degli ambienti di una casa;
- rifare completamente gli impianti;
- cambiare le prestazioni energetiche dell’involucro (per farlo basta sostituire gli infissi).
Tutte condizioni determinanti ai fini dell’agibilità di un immobile. Quindi la risposta alla domanda di prima è affermativa: in seguito a una ristrutturazione è necessario aggiornare l’agibilità. Il procedimento con cui si fa oggi è la SCA e la legge dà delle tempistiche abbastanza strette per presentarla: 15 giorni dalla fine dei lavori. Per chi sfora c’è una multa. Che a tutti gli effetti è esigua: varia tra 77€ e 464€. E che non è un grande deterrente a non presentare l’agibilità dopo una ristrutturazione.
Però le possibili conseguenze della sua assenza non sono poche. Ad esempio, alcuni fornitori di energia, oltre alla conformità dell’impianto, chiedono anche l’agibilità per aprire un nuovo contratto. Inoltre, per accedere alle detrazioni sulla ristrutturazione è indispensabile che tutto il procedimento burocratico sia completo. Quindi anche l’agibilità. Altrimenti si perde la detrazione.
E in caso di affitti o compravendite, sebbene l’agibilità non sia obbligatoria, viene richiesta da sempre più persone che si vogliono tutelare. Ma cosa comporta presentare una nuova agibilità? Infatti non si tratta solo di protocollare un modello nel quale si afferma che è tutto in regola. Bisogna dimostrarlo. E lo si fa tramite degli allegati. Elenchiamo i più frequenti:
- una planimetria della casa, con destinazione e dimensione degli ambienti, oltre che delle finestre;
- planimetria e visura catastali;
- dichiarazioni di conformità dei nuovi impianti;
- dichiarazione di rispondenza per gli impianti vecchi (se non c’è una dichiarazione di conformità);
- nel caso dell’esecuzione di opere strutturali il certificato di collaudo;
- se è la prima agibilità su un immobile esistente (molti fabbricati ne sono sprovvisti), il certificato di collaudo statico dell’intero edificio;
- attestato di qualificazione energetica se sono cambiate le prestazioni energetiche (alcuni Comuni accettano anche l’attestato di prestazione energetica, che è differente).
Tutto accompagnato da una relazione asseverata, firmata e timbrata da un tecnico abilitato.
Abitabilità, agibilità, certificati e SCA: chiariamo i termini
L’abitabilità è un’autorizzazione per usare le case necessaria fin dal 1888, quando è stata introdotta dalla Legge per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica. Da allora le norme sono cambiate molte volte, creando confusione nella terminologia utilizzata. Ad esempio una casa è abitabile o agibile? In questo caso si tratta di termini differenti usati per descrivere la stessa cosa.
Fino agli anni Novanta infatti veniva rilasciato il certificato di abitabilità per le case e quello di agibilità per gli altri immobili. Distinzione che, in termini lessicali, aveva anche un senso: in una casa ci si abita, in una fabbrica no. Ma dal 2001 l’abitabilità è stata eliminata ed è confluita nella più generica agibilità.
Così fino a quella data per le case troveremo certificati di abitabilità, dopo certificati di agibilità. Però c’è stata un’ulteriore evoluzione: nel 2016 il certificato di agibilità è stato sostituito dalla SCA, acronimo di Segnalazione Certificata di Agibilità. Da allora non è più il Comune a rilasciare il certificato di agibilità, ma è il cittadino a segnalare che la propria casa, in seguito a un intervento edilizio, è agibile.
Articolo pubblicato su 100 Idee per Ristrutturare settembre 2021
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