Ristrutturare una casa dalla A alla Z: cosa c’è oltre il cantiere
Con questo articolo inauguriamo una serie di approfondimenti legati a tutti i principali temi che un committente deve affrontare durante una ristrutturazione: parleremo di questioni pratiche e tecniche, di burocrazia e procedimenti edilizi, di costi e di tempi
Lo scopo è realizzare una guida che sia un reale aiuto ad affrontare in modo consapevole e sereno un investimento economico ed emotivo così importante. Infatti, se ristrutturare casa è un’esperienza entusiasmante, è anche un settore del quale si conosce solo la superficie, ma le cui dinamiche reali sono complesse e pressoché sconosciute ai non addetti ai lavori.
Però chiunque debba ristrutturare dovrà per forza scavare sotto la superficie e per farlo sono necessarie le informazioni corrette, senza le quali il rischio di commettere errori che si ripercuotono su costi e risultati aumenta esponenzialmente. Uno dei più frequenti è credere che la ristrutturazione si riduca esclusivamente o quasi alla parte di cantiere, quella di esecuzione dei lavori. Mi è capitato più di una volta di avere richieste del genere: «architetto ho una casa da ristrutturare, riusciamo ad iniziare i lavori entro la fine del mese vero?».
La realtà è che molte persone hanno una percezione distorta di quali siano tutti gli aspetti che compongono una ristrutturazione, della loro complessità e delle tempistiche necessarie. Vengono ignorati o sottostimati passaggi fondamentali, che hanno bisogno non solo di tempi tecnici (ad esempio quello per far arrivare tutti i materiali ordinati) ma anche di tempi pratici per essere eseguiti e psicologici per essere interiorizzati. Il tempo di predisporre un progetto giusto, di scegliere i materiali e le finiture, di preparare e presentare le pratiche edilizie, di ottenere gli (eventuali) permessi. Una ristrutturazione è fatta anche, se non principalmente, di tutto ciò. E questo è valido sia che la si voglia affrontare nel modo classico, cioè trovandosi tecnici e imprese di fiducia e girando per negozi e showroom alla ricerca di materiali e finiture, sia che ci si voglia affidare ad un servizio chiavi in mano, tanto di moda negli ultimi anni, desiderosi di avere a che fare con un solo referente nella (vana) speranza di evitare pensieri e scocciature. Che questi aspetti rivestano un ruolo significativo nell’economia complessiva di una ristrutturazione ce lo conferma una recente statistica, da cui emerge che mediamente oltre la metà della sua durata è occupata dalle fasi di pianificazione, progettazione, scelta di materiali e finiture, selezione di imprese ed artigiani e ottenimento delle autorizzazioni (fonte: studio Houzz&Home Italia 2020).
Quindi, assodato che ristrutturare non è esclusivamente fare i lavori, ritengo esista un solo modo attraverso cui è possibile ottenere una ristrutturazione che ci soddisfi, rispettando al contempo il budget a disposizione e minimizzando i problemi: affrontarla come fosse un processo composto da fasi ed obiettivi. Siccome è un aspetto fondante in una ristrutturazione, in questo primo articolo vedremo quale sia il corretto processo di ristrutturazione. Vedremo tutte le fasi attraverso cui dover obbligatoriamente passare e cosa deve essere fatto in ognuna di esse. Non c’è dubbio che esistano vari modi per affrontare una ristrutturazione (vari processi), ma l’esperienza mi ha portato ad individuarne solo uno logico e cronologico, determinato da come sono costruite le case, da come sono strutturate le imprese, da come funziona la burocrazia e da come si prendono le decisioni per la propria ristrutturazione.
Le 6 fasi di una ristrutturazione
Abbiamo detto che il cantiere, su cui si concentrano la maggior parte delle persone, è solo una piccola parte della ristrutturazione. Per la precisione è la quinta fase di un corretto processo costituito da sei fasi. Sebbene sia probabilmente quella più eccitante e intensa, anche emotivamente, si trova quasi alla fine perché è la semplice realizzazione di una pianificazione e di una progettazione avvenute a monte. E, fermo restando che in un cantiere gli imprevisti ci possono sempre essere (anzi: ci sono sempre), l’obiettivo di tutte le fasi che lo precedono è arrivare il più preparati possibile a quel momento, così da minimizzare i problemi e non avere sorprese. Spesso tutte le fasi precedenti al cantiere vengono ignorate, minimizzate se non bollate come inutili e dispendiose dai committenti, per poi finire a lamentarsi di risultati scadenti e aumento dei costi fuori controllo. Sono consapevole che il processo di cui parleremo a breve non piace alla maggior parte delle persone: richiede impegno, richiede il coinvolgimento di varie figure professionali, richiede il giusto tempo. Ci sono sempre delle scuse pronte per rifiutarlo: non ho tempo, non posso diventare un esperto di ristrutturazioni, mio cugino/amico/etc. mi ha detto che…
Quando si ristruttura fretta e approssimazione devono essere lasciati da parte, altrimenti ci si trova a spendere molto più del previsto per ottenere risultati non all’altezza. Elenchiamo le sei fasi del processo, poi le approfondiremo brevemente una per una:
- Fase 1: pianificazione
- Fase 2: progettazione
- Fase 3: selezione impresa
- Fase 4: pratiche edilizie
- Fase 5: lavori
- Fase 6: chiusura dei lavori
Queste sei fasi rappresentano non solo un ordine logico ma anche cronologico con cui dovrebbe svilupparsi la ristrutturazione. Possono esserci delle variazioni minime in merito al momento in cui presentare le pratiche edilizie: a seconda della tipologia di lavori da fare può essere utile anticiparlo a prima della selezione degli appaltatori o durante la progettazione. Ma per la maggior parte delle ristrutturazioni questo è l’ordine corretto. E questo ordine si scontra con quello che fanno solitamente le persone che affrontano una ristrutturazione: cioè contattare subito una o più imprese per ottenere un preventivo, nel tentativo di capire quale sarà la spesa da affrontare. Apparentemente può sembrare la cosa più logica da fare, ma è sbagliato: la ristrutturazione di una casa si realizza su un progetto fatto su misura, non è un oggetto in serie che si compra in uno showroom. Quindi senza un progetto non è possibile ottenere un preventivo realistico.
Attenzione: non sto affermando che le imprese contattate in questo modo non forniranno un preventivo. Quello che sto affermando è che non potranno essere numeri di cui fidarsi. Come è possibile credere che il preventivo di un lavoro pieno di variabili e incognite come una ristrutturazione possa essere attendibile senza un progetto alla base? E non si pensi che tali imprese si assumano l’onere di predisporre dei progetti per lavori che non sono sicure di realizzare. Per farlo dovrebbero rivolgersi a dei tecnici (esterni o interni al loro organico), e progettare è il modo con cui tali tecnici si guadagnano da vivere, quindi vanno pagati. Non esiste imprenditore che si possa assumere un simile rischio di impresa per ogni possibile cliente che li contatta. Fallirebbe nel giro di pochi mesi. Così i preventivi forniti in questo modo sono sempre approssimativi, sbagliati e ampiamente sottostimati (anche quelli delle imprese chiavi in mano). Ma sulla base di questi preventivi molte persone stipulano contratti, facendosi i conti su un budget che poi viene sistematicamente sforato. A questo punto non deve stupire se le statistiche dicono che oltre la metà delle ristrutturazioni sfora il budget previsto, e circa un terzo lo sfora di oltre il 25%. Non stiamo parlando di poche centinaia di euro, ma di migliaia se non di decine di migliaia di euro. Dedicheremo un articolo a come impostare correttamente un budget per ristrutturare, ma deve essere chiaro che la sua giusta formulazione va fatta prima di iniziare i lavori.
E per farlo, vista la necessità di un progetto, comporta necessariamente il rivolgersi ad un tecnico, il cui compito in realtà non è solo preparare il progetto ma anche fare in modo di estrarre da esso i documenti economici, cioè di stimare correttamente la spesa per la ristrutturazione, di supportare il cliente nella richiesta di preventivi a imprese e fornitori, oltre che di garantire la correttezza normativa e amministrativa della ristrutturazione nel suo complesso. Sono consapevole che nelle ristrutturazioni si tratta di una figura spesso ritenuta superflua e mal sopportata, considerata utile solo per firmare i progetti da presentare al Comune. Molti committenti ritengono di poterne fare le veci in prima persona, credendo che ristrutturare casa si riduca essenzialmente a pensare come distribuire gli arredi, “tanto per tutto il resto ci pensa l’impresa a sistemare le cose”. Vedremo che non è così.
In questa visione screditante della figura del tecnico negli ultimi anni stanno avendo ruolo significativo le imprese chiavi in mano, che il progetto e il progettista gentilmente (e falsamente) lo regalano. Queste imprese fanno il loro gioco ma non quello dei loro clienti poiché hanno sovrapposto ruoli che dovrebbero essere radicalmente separati: il tecnico deve essere il controllore dell’impresa. Deve verificare che l’impresa realizzi il progetto approvato e lo deve fare nell’interesse del committente, contestando eventuali difetti e difformità e curandone anche gli interessi economici. Ma se il tecnico viene pagato dall’impresa come potrà tutelare gli interessi del committente? La necessità di indipendenza e di avere un progetto prima di chiedere dei preventivi sono il motivo per cui il progettista deve entrare in gioco prima ed indipendentemente dall’impresa. Ed è anche un altro dei motivi per cui il progettista di un’impresa “chiavi in mano” raramente può andar bene: lì il tecnico viene affibbiato senza possibilità di scelta, mentre deve essere legato al committente da un rapporto di fiducia. Chiariti alcuni aspetti di base sul processo e sul motivo del loro ordine, nei prossimi paragrafi li approfondiremo brevemente uno ad uno, nella consapevolezza che non potremo essere esaustivi. In questo articolo stiamo gettando le basi di molti argomenti che approfondiremo in altri articoli.
Fase 1: pianificazione
La pianificazione è probabilmente il momento più importante di tutta la ristrutturazione. E senza dubbio il più sottovalutato. La pianificazione è qualcosa che un proprietario di casa dovrebbe fare da solo, senza rivolgersi a tecnici e imprese. Infatti non ha niente a che vedere con progetti da preparare e lavori da fare, ma è un momento di reale riflessione e primo approfondimento in cui:
- Stabilire ed individuare le proprie esigenze e quelle della casa;
- Fare una prima distinzione su quali sono i lavori essenziali e quali si possono evitare;
- Stabilire un budget di spesa realistico.
All’apparenza sono cose complicate da affrontare senza avere un minimo di esperienza. Ma lo scopo di questa fase non è sostituirsi ai professionisti del settore, lo scopo è arrivare ad avere chiari gli obiettivi, in modo da usarli come guida durante tutta la ristrutturazione (e anche di poterli mettere in discussione). Quindi pianificare, all’interno di un processo di ristrutturazione, significa sedersi a tavolino con tutte le persone coinvolte (chi vive nella casa sostanzialmente) confrontarsi e cominciare a scrivere idee, tirare fuori problemi, esprimere desideri. Significa poi cercare di guardare la casa in modo distaccato e capire quello che realmente non va: gli impianti sono da rifare? Gli infissi da sostituire? La divisione interna da rivedere? Molti sono scettici su questo mio input ad affrontare la prima parte di pianificazione senza rivolgersi a professionisti, ma lo ritengo essenziale per due motivi. Da un lato un professionista (progettista o impresa) tenderà ad indirizzare il cliente in base alla propria esperienza, cosa giusta finché rimane all’interno delle esigenze e possibilità del cliente, ma il non avere le idee chiare porta al rischio concreto di farsi trascinare dall’onda e deviare dai propri reali obiettivi (sia di risultato che economici).
Dall’altro lato avere una reale consapevolezza di problemi, obiettivi e possibilità è fondamentale per costruire un dialogo efficace con i professionisti che verranno coinvolti. Capire quello che dicono e valutare se rientra nei propri obiettivi è essenziale, il ché non significa sovrapporsi o sostituirsi a loro, significa fare un percorso condiviso, soprattutto con i progettisti. Inoltre affrontare un processo di pianificazione porta a confrontarsi con la realtà e la complessità di una ristrutturazione. Ed accettarla. Da una buona pianificazione si potrebbe anche arrivare alla conclusione che ristrutturare non è conveniente. Uno degli ostacoli maggiori in questa fase è senza dubbio quello di costruire un primo budget di spesa realistico. Molte persone cadono qui perché non hanno idea di quali siano i reali costi per ristrutturare, né che ci siano altri costi significativi oltre a quelli di mera realizzazione dei lavori. Siccome non è un tema semplice lo affronteremo in un prossimo articolo. L’errore da evitare, per ottenere una rapida risposta a questa esigenza, è quello di cui abbiamo già parlato: avere fretta di buttarsi nelle braccia delle imprese o di chiedere preventivi a vari fornitori.
Fase 2: progettazione
Finita la fase di pianificazione è necessario sviluppare il progetto.
Abbiamo già detto che non è un’attività che si riduce a preparare una piantina con una nuova distribuzione degli ambienti e degli arredi. Progettare significa studiare soluzioni che rispondano alle esigenze di chi abiterà la casa, che siano funzionali e che rispettino tutte le norme. Inoltre il progetto deve occuparsi di scegliere (e abbinare) tutti i materiali e le finiture, valutandone la compatibilità; vanno studiati i dettagli costruttivi e devono essere predisposti i progetti degli impianti, facendo in modo che non ci siano interferenze o soluzioni inattuabili (per esempio uno scarico lontano dalla fecale). Inoltre vanno stilati i documenti tecnici ed economici: devono essere computate (cioè quantificate) tutte le lavorazioni da fare, preparati i capitolati, gli elaborati grafici e gli elaborati economici. Il progetto non si crea in poche ore, ma si costruisce lungo fasi successive di approfondimento durante le quali le soluzioni prima abbozzate vengono man mano dettagliate e messe a punto e in cui il committente deve essere coinvolto. Infatti progettare significa prendere decisioni trovando il bandolo della matassa tra mille dubbi, facendo passi avanti ma anche indietro. E come un committente non può materialmente eseguire una ristrutturazione, allo stesso modo non può progettarla da solo. Ci sono normative da rispettare, ci sono principi di ergonomia nello studio di spazi e arredi, di design, di efficienza energetica, ci sono materiali da abbinare secondo la compatibilità (non estetica, ma tecnica), ci sono dettagli da studiare ad esempio per evitare problemi comuni (come muffe e condense, tanto frequenti negli edifici super isolati e sigillati di adesso).
Per questo è essenziale affidare la progettazione ad un tecnico che sia competente e di cui si abbia piena fiducia. Tecnico che deve anche preoccuparsi di tutta la parte burocratica: presentare la pratica edilizia che deve essere completa, corretta e asseverata. In questo periodo in cui le detrazioni fiscali hanno complicato enormemente la burocrazia è ancora più importante questo aspetto. È quindi importante riuscire a scegliere il professionista giusto. Come individuarlo non è oggetto di questo articolo, però ogni volta che si chiede un preventivo ad un progettista bisogna ricordarsi di:
- Pretendere di firmare un contratto, in cui sia riportato chiaramente come viene calcolata la sua parcella, e non accontentarsi di una stretta di mano;
- Chiarire (e riportare nel contratto) quali sono tutte le prestazioni che svolgerà;
- Chiarire quali sono invece tutte le prestazioni che non svolgerà, che però sono necessarie e per cui bisognerà rivolgersi a qualcun altro.
Infatti, sebbene non possa sembrare, dal punto di vista progettuale e burocratico le cose da fare in una ristrutturazione sono tante e raramente un singolo tecnico ha la competenza per realizzarle tutte. Chi è esperto in progettazione di interni potrebbe non esserlo in impianti ed efficienza energetica. Oppure potrebbe non fare le variazioni catastali, o gli adempimenti per usufruire delle detrazioni fiscali. O ancora potrebbe non occuparsi della parte di arredo, o ancora della (eventuale) progettazione strutturale, o della direzione lavori o del rilievo dell’immobile. Un tecnico (o uno studio tecnico) tendenzialmente vorrà assumere l’incarico completo, affidando eventualmente ad altri colleghi specializzati con cui collabora abitualmente tutto quello di cui non è competente. Però ci sono molti tecnici che invece fanno solo quello di cui sono capaci, cosa assolutamente giusta, ma spesso non comunicano al proprio cliente la necessità di altri tecnici per le prestazioni che non svolgono, finendo così per metterli in difficoltà. Tutto quello che dal punto di vista tecnico e burocratico è necessario fare in una ristrutturazione sarà oggetto di un articolo specifico, ad ogni modo chiarire questi aspetti prima di affidare l’incarico ad un progettista è fondamentale. Infatti solo dopo aver firmato un contratto con il tecnico sarà possibile dare finalmente avvio al progetto.
Fase 3: selezione dell’impresa
Ribadiamo una cosa cui indirettamente abbiamo già accennato: quando si arriva al momento della selezione dell’impresa tutte le decisioni più importanti riguardo alla ristrutturazione devono essere già state prese. Il progetto deve essere stato sviluppato fino al maggior grado di dettaglio possibile, i documenti tecnici ed economici devono essere stati predisposti, tutte le principali forniture devono essere state scelte (pavimenti, rivestimenti, sanitari, porte, infissi, etc.) i relativi fornitori individuati e i contratti con loro possibilmente già stipulati. L’impresa è l’ultimo tassello per chiudere il cerchio. E sebbene sia uno dei tasselli fondamentali, la sua scelta definitiva deve essere lasciata per ultima perché, avendo il ruolo di mero esecutore del progetto, deve avere tutte le informazioni possibili sia per formulare un preventivo corretto, sia per poter realizzare i lavori. Fare diversamente sarebbe come affrontare un’operazione di appendicite dicendo “c’è da operare qualcosa da qualche parte nell’addome”. Il progetto è la diagnosi precisa su cui l’impresa potrà realizzare l’operazione (cioè la ristrutturazione). Ma scegliere l’impresa a cui affidare i lavori non è banale. Il criterio più utilizzato è cercare chi fa il preventivo più basso. Ma è il peggiore che si possa usare, perché dietro un preventivo basso spesso ci sono dei trabocchetti: operai poco (o nulla) specializzati in ristrutturazioni di interni, personale assunto in nero (e in caso di problemi anche il committente è chiamato a risponderne), imprese che realizzano i lavori in fretta e senza la necessaria cura per correre in un nuovo cantiere. Dedicheremo un articolo ai criteri corretti per individuare e selezionare l’impresa di ristrutturazione, per ora anticipiamo i tre che dovrebbero stare alla base:
- L’impresa deve essere specializzata in ristrutturazioni (che è diverso da costruire una strada, un palazzo o rifare una facciata);
- L’impresa deve avere dei requisiti minimi di organizzazione aziendale (cioè mastro Peppe con il cognato assunto in nero non vanno bene);
- L’impresa deve essere in regola con tutti gli obblighi di legge.
Un aspetto da tenere in considerazione quando si seleziona l’impresa è che solitamente non hanno quasi mai nel loro organico tutte le figure necessarie per eseguire i lavori: quasi sempre troviamo imprese con solo operai edili (muratori), mentre i lavori impiantistici e spesso alcuni lavori di finitura (le pitturazioni ad esempio) vengono subappaltati. Non c’è niente di cui allarmarsi: è la norma. Però questi aspetti devono essere chiariti in sede di richiesta di preventivo. Un errore da evitare invece è quello di affidare incarichi separati a più imprese e artigiani, nella speranza di risparmiare qualcosa. Probabilmente il preventivo complessivo potrebbe essere sensibilmente più basso, ma in questo modo nessuno è responsabilizzato in merito alla riuscita globale della ristrutturazione. Cioè mancherà la necessaria coordinazione tra i vari appaltatori che si succederanno durante le varie fasi del cantiere portando ad un allungamento dei tempi e, nel caso sorgano problemi o contrattempi, ci sarà un continuo scaricabarile di responsabilità. Solitamente la soluzione più pratica e che tutela maggiormente il committente è quella di affidare tutto ad un’unica impresa, lasciandola libera di scegliersi i subappaltatori. Questo almeno per quanto riguarda le principali opere edili e impiantistiche. Chiaramente una volta scelta l’impresa è essenziale stipulare un contratto. In un contratto di appalto scritto bene devono essere presenti almeno:
- Data di inizio dei lavori
- Durata dei lavori con eventuali penali per prolungamento ingiustificato degli stessi
- Importo complessivo dei lavori con suddivisione dei pagamenti
E devono necessariamente essere allegati il progetto esecutivo e il computo metrico.
Fase 4: pratiche edilizie
Ci siamo quasi: il progetto è pronto, le forniture ordinate, l’impresa è stata individuata e il contratto di appalto firmato. Manca un ultimo passaggio: presentare le pratiche edilizie. Perché adesso e non prima?
Senza dilungarci eccessivamente il motivo è che la pratica edilizia più utilizzata per ristrutturare, cioè la CILA che sta per Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata, richiede che al suo interno siano riportati i dati delle imprese che eseguiranno i lavori. Pertanto è necessario scegliere prima l’impresa e poi presentare la pratica edilizia. Però questa solitamente è solo una delle incombenze burocratiche da fare prima dell’inizio dei lavori. Altre potrebbero essere:
- Presentazione della notifica preliminare ad ASL e Ispettorato del Lavoro;
- Richiesta di occupazione di suolo pubblico (se necessario) con pagamento degli oneri relativi;
- Predisposizione di tutta la documentazione per la sicurezza in cantiere.
Questa quarta fase, se quelle precedenti sono state fatte correttamente, non è molto lunga, anche perché i lavori possono iniziare il giorno stesso in cui viene presentata la CILA. Potrebbe allungarsi solo nel caso in cui sia necessario ottenere delle autorizzazioni specifiche. Ad esempio l’autorizzazione della soprintendenza architettonica o paesaggistica, nell’eventualità che l’immobile sia in qualche modo vincolato, oppure quella sismica se vengono previste opere strutturali (in questo secondo caso cambia anche la tipologia di procedimento edilizio). Come abbiamo già accennato in tali casistiche è utile anticipare la presentazione della pratica edilizia a prima della scelta dell’impresa o durante lo sviluppo della progettazione, sarà il progettista a stabilirlo.
Fase 5: lavori
La fase dei lavori è quella in cui tutto prende forma. I committenti di solito lo affrontano con un misto di eccitazione e timore. E spesso commettono alcuni errori che vanno assolutamente evitati. Il primo è agitarsi inutilmente, anche quando non ci sono problemi evidenti. Quello che capita spesso, è perdere la calma perché sembra che i lavori siano in ritardo o perché durante un sopralluogo non si trova nessun operaio in cantiere. Il cantiere di una ristrutturazione passa attraverso varie fasi ed è normale che in alcuni momenti i lavori sembrino rallentare. Questo succede soprattutto verso la fine, quando si stanno installando le finiture e completando gli impianti. Ma non vuol dire che i lavori siano in ritardo, sono delle semplici fasi fisiologiche di una ristrutturazione. Quello che conta è sempre il rispetto della data di completamento scritta nel contratto di appalto, con le relative penali per lo sforamento dei tempi. Certo è giusto chiedere informazioni e far sentire la propria presenza, ma senza agitarsi inutilmente.
Il secondo errore, che al contrario del primo è molto grave e può influire sulla buona riuscita dei lavori, è quello di non rispettare ruoli e competenze. Mi è capitato di avere clienti che, senza rendersene conto, tentavano di scavalcare il mio ruolo di direttore dei lavori. Il rischio è ritrovarsi con un cantiere nel caos a causa di indicazioni contrastanti con la conseguente perdita di controllo sul risultato finale e sulle spese. Vediamo qual è la giusta distinzione e gerarchia dei ruoli concentriandoci sulle figure principali che direttamente o indirettamente concorrono alla corretta organizzazione del cantiere: il committente, il direttore dei lavori, il direttore tecnico del cantiere.
Le prime due figure non necessitano di spiegazioni. Il direttore tecnico dell’impresa invece è un dipendente della stessa, che è responsabile della gestione del cantiere, con lo scopo di garantire l’esecuzione dei lavori secondo il progetto approvato. In teoria lui, o una persona da lui incaricata, dovrebbe essere sempre presente in cantiere a sorvegliare l’andamento dei lavori, compito che non appartiene al direttore dei lavori. Per far funzionare tutto come si deve i rapporti tra queste tre figure devono essere i seguenti:
- Il committente non può dare ordini ad impresa, operai e subappaltatori e non può imporre varianti al direttore tecnico del cantiere. Il riferimento del committente per ogni cosa è sempre il direttore dei lavori e solo secondariamente il direttore tecnico di cantiere;
- Il direttore dei lavori controlla che le opere siano eseguite nel modo corretto, secondo il progetto approvato ed interviene in caso di problemi, concordando con il direttore tecnico dell’impresa soluzioni e modifiche. Il direttore dei lavori è l’unico che può ordinare varianti al progetto o ai lavori. Però non può dare ordini direttamente ad operai e subappaltatori, il suo riferimento in cantiere è sempre il direttore tecnico di cantiere;
- Il direttore tecnico di cantiere è il deus ex machina, gestisce l’avanzamento dei lavori, coordina tutte le squadre di operai e subappaltatori, garantisce che i materiali arrivino al momento opportuno, etc. Il suo obiettivo è fare in modo che le opere siano realizzate conformemente al progetto, a regola d’arte, nel rispetto di tempi e costi. Però non può decidere autonomamente modifiche alle opere, che devono essere sempre ordinate dal direttore dei lavori.
Quindi un committente ha poco o nullo potere diretto sull’andamento dei lavori, ma tutto deve essere fatto attraverso il suo tramite, cioè il direttore dei lavori. Però lui è il soggetto per cui vengono realizzati i lavori e che paga, quindi ha diritto a chiedere delle modifiche, dei chiarimenti, o quant’altro. Una cosa importante da fare durante i lavori è programmare delle visite settimanali o quindicinali con il direttore dei lavori e il direttore tecnico dell’impresa, in cui valutare l’avanzamento dei lavori e affrontare eventuali problemi con le relative soluzioni da adottate.
Fase 6: chiusura dei lavori
Una volta finiti fisicamente i lavori ci sono ancora alcune incombenze da espletare, di natura pratica e burocratica. Partiamo da quest’ultimo aspetto.
Gli impiegati degli uffici tecnici comunali potranno confermare che spesso per le pratiche di CILA non viene presentata la fine lavori. Sebbene la legge non preveda esplicitamente tale obbligo, c’è da dire che la CILA, a differenza degli altri procedimenti edilizi, è senza scadenza. Quindi se non venisse chiusa formalmente, il cantiere rimarrebbe aperto a tempo indeterminato. Per assurdo un abuso fatto anni dopo la ristrutturazione da un nuovo proprietario potrebbe essere imputato al titolare della vecchia CILA. Ad ogni modo, lasciando da parte queste ipotesi poco probabili, chiudere tale procedimento edilizio è abbastanza banale: si tratta di presentare un modello con allegata una piantina di quanto effettivamente realizzato. Però dopo una ristrutturazione è necessario occuparsi anche di altri aspetti burocratici.
- Se è stata modificata la distribuzione interna va aggiornata la planimetria catastale;
- Se è stata modificata la distribuzione interna e/o sono stati rifatti gli impianti va presentata una nuova agibilità;
- Se sono mutate le prestazioni energetiche dell’immobile va prodotto e protocollato il nuovo Attestato di Prestazione Energetica (APE);
- Se si desidera usufruire delle detrazioni fiscali vanno predisposte le necessarie asseverazioni e caricati i documenti negli appositi portali.
Inoltre, in caso di rifacimento di impianti, gli installatori devono fornire tutte le dichiarazioni di conformità e vanno raccolti e collezionati tutti i documenti inerenti la ristrutturazione per eventuali controlli. Ci sono poi degli aspetti pratici da sistemare. Prima di accettare i lavori va fatto un sopralluogo finale con il direttore dei lavori e l’impresa per vedere se è tutto a posto o se ci sono dei difetti. Nel caso vengano rilevati deve essere richiesto all’impresa di sistemarli dandole un tempo congruo per farlo. Un altro passaggio importante è chiudere la contabilità: si tratta di mettere ordine tra tutti i documenti economici del cantiere e fare i conti finali calcolando eventuali lavori aggiuntivi o lavori non eseguiti. Naturalmente di questo aspetto dovrebbe occuparsi il tecnico in contraddittorio con l’impresa.
Solo dopo aver fatto tutto ciò la ristrutturazione può dirsi realmente conclusa. Naturalmente i difetti possono emergere anche dopo la conclusione dei lavori, oppure qualcosa può rompersi all’improvviso. In questo caso è utile ricordare che il codice civile prevede una garanzia di due anni sui lavori realizzati (art. 1667), periodo in cui l’impresa è tenuta ad intervenire gratuitamente per sistemare eventuali problemi provocati dal normale utilizzo dell’immobile.
Ristrutturare è un processo di cui il committente è il primo responsabile
Siamo arrivati alla fine di questo primo lungo articolo in cui, tramite la descrizione del processo, abbiamo messo in luce un aspetto importante: cioè che un committente deve esercitare un ruolo di controllo attivo sulla sua ristrutturazione. Che non vuol dire sostituirsi ai professionisti che lo affiancheranno, ma che deve guidarli nel limite delle sue competenze. Questa è un’idea che solitamente non viene accettata. Tutti vogliono il risultato cercando di evitare lo sforzo necessario per ottenerlo. Da questo il successo dei servizi chiavi in mano, che in realtà non prosperano grazie all’idea dell’unico referente ma del senza sforzo. Anche se poi tale idea viene puntualmente disattesa. Purtroppo la verità è che non è possibile ristrutturare senza sforzo e senza seguire un giusto processo, cioè quello che abbiamo descritto.
Sono sicuro che al suo interno abbiamo detto cose scomode e che non sono piaciute: l’assoluta necessità di un tecnico e che questo tecnico non deve essere quello dell’impresa ma quello del committente, il fatto che selezionare le imprese col criterio del prezzo più basso è sempre un errore, il dover rispettare dei ruoli durante i lavori e non poter dare ordini a tutti nel cantiere della propria ristrutturazione.
Ma il processo che abbiamo descritto è l’unico che fornisce la certezza di riuscire a controllare costi e risultati. Certo è possibile provare a ristrutturare seguendo altre strade, e non è detto che non sia possibile che vada tutto per il verso giusto, ma la realtà è che in un modo o nell’altro si dovrà per forza passare attraverso le fasi che abbiamo descritto in questo articolo. Qui abbiamo semplicemente mostrato la via più logica e lineare.
Alessandro Mezzina
Architetto e autore di ristrutturazionepratica.it
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