Scegliere il gres porcellanato per il pavimento di casa
Conoscere le caratteristiche per capire perché una piastrella da 15 €/mq non vale quanto una da 50 €/mq (o più)
Un’indagine di Confindustria del 2019 sul mercato italiano della ceramica, ha evidenziato che il gres porcellanato domina il settore dei pavimenti, con l’89% delle quote di mercato. Agli altri materiali, principalmente monocotture e bicotture, ormai sono rimaste le briciole. Il motivo di questo successo sono le eccezionali caratteristiche di resistenza e durabilità, sommate alla elevata qualità estetica raggiunta e ai costi relativamente contenuti.
Se il maggiore produttore al mondo di gres porcellanato è la Cina, con oltre 8 miliardi di metri quadrati annui, per quanto riguarda tecnologie e design la leadership è tutta italiana, in virtù di una consolidata storia di innovazioni tecnologiche e produttive. Infatti, sebbene attualmente ci posizioniamo all’ottavo posto per produzione, con circa 400 milioni di metri quadri, per molti anni il nostro comparto industriale è stato leader mondiale del settore.
Tornando ai pavimenti installati all’interno del nostro territorio, ogni anno vengono posati circa 80 milioni di metri quadri di gres porcellanato, pari a circa il 55% dell’intera quantità di pavimenti, che comprendono parquet, laminati, tessili, pietre e sintetici. Se consideriamo che alcuni di questi materiali, come la pietra e i sintetici, trovano applicazione quasi esclusivamente in ambito pubblico o di grosse strutture, è chiaro che gli italiani considerino il gres porcellanato la prima scelta per il pavimento di casa propria.
Siamo di fronte ad un mercato enorme che, se da un lato è un aspetto positivo per i consumatori, dall’altro può lasciare disorientato chi vi si approccia. Finiture, spessori, formati e caratteristiche sono praticamente infiniti, così come c’è un range di costi molto ampio, che parte da pochi euro al metro quadro per arrivare a decine (se non centinaia) di euro, alle volte a fronte di piastrelle apparentemente identiche.
La realtà è che identiche le piastrelle non lo sono mai, e sceglierne una rispetto ad un’altra può fare la differenza non solo sul risultato estetico ma anche sulla durata del pavimento. Siccome un pavimento accompagnerà la casa per decenni, sceglierlo con consapevolezza è fondamentale, e fermarsi a guardare solo il prezzo e/o l’estetica non è quasi mai una strategia vincente. Nei prossimi paragrafi approfondiremo questo materiale eccezionale: ne vedremo le caratteristiche principali, capiremo cosa lo differenzia dagli altri materiali similari, e infine impareremo a leggere la scheda tecnica di una piastrella in gres porcellanato, l’unico modo per fare una scelta consapevole.
Cos’è il gres porcellanato e come è nato
Il gres porcellanato è un materiale ceramico. Ma di ceramiche ne esistono infinite tipologie, in fondo si tratta di dare forma e cuocere terre e argille che si trovano in natura. Il gres porcellanato è una ceramica con caratteristiche particolari, nato dall’esperienza e dalla ricerca di industriali italiani come risposta a una profonda crisi del mercato risalente alla fine degli anni ’80. Ripercorriamo l’evoluzione che ha portato all’invenzione del gres porcellanato: una breve storia è utile anche perché in questo excursus parleremo anche di altri materiali che hanno avuto grande fortuna in passato e che sono tutt’ora in commercio. E si tratta di una storia tutta italiana. Fino all’inizio del ventesimo secolo i pavimenti erano realizzati in legno, materiali lapidei e similari (tipo il segato), laterizi e “cotto”. Questi ultimi due sono quelli più simili al gres porcellanato perché si ottengono dalla cottura di argille, ma hanno caratteristiche sostanzialmente differenti.
Durante il ventennio fascista, alcuni produttori hanno introdotto un’evoluzione di questi materiali: il gres rosso, che è più conosciuto come klinker. Si tratta di piastrelle di piccola dimensione, fatte con argille molto ferrose (da cui il colore rosso) che venivano pressate e cotte ad alte temperature (oltre 1000 gradi) per molte ore. Il risultato era un materiale non particolarmente bello esteticamente, ma molto resistente sia all’usura che allo sporco, e soprattutto in grado di resistere all’esterno con tutti i climi. Lo vediamo ancora in gran parte degli edifici pubblici costruiti in quel periodo e la sua caratteristica era di essere dello stesso colore per tutto lo spessore della piastrella.
Il problema di questo materiale era (ed è) la stabilità dimensionale: la tecnologia non riesce a dare controllo su questo aspetto e quindi si è costretti a realizzare piastrelle piccole, di dimensione massima 15x15cm. Ad ogni modo in questo periodo c’è stata una marginale diffusione di questo materiale all’interno delle abitazioni. Dobbiamo attendere la fine della seconda guerra mondiale per trovare un’evoluzione tecnologica significativa. Evoluzione che ha avuto come volano un’esigenza pratica: cioè ricostruire l’Italia. Non solo c’era tanto da ricostruire, ma bisognava farlo secondo dei nuovi standard: siamo all’inizio di una massiccia emigrazione dalle campagne alle città, le nuove case che si stavano costruendo erano appartamenti in grossi condomini e i bagni, fino ad allora locali indipendenti all’esterno, dovevano definitivamente entrare dentro le case. Inoltre, questi bagni dovevano avere superfici igieniche e facilmente pulibili. La tecnologia ha risposto con le piastrelle in bicottura. Si chiamano così perché la loro produzione avviene in due passaggi: prima si realizza e cuoce la base, solitamente a pasta rossa (tipo il gres rosso ma meno resistente), poi si applica lo smalto di finitura e si completa la cottura.
Non stiamo parlando di una tecnologia nuova, basti pensare alle ceramiche vietresi o alle maioliche, che prevedono un procedimento simile. La novità è stata l’industrializzazione del processo, che ha consentito la produzione di massa e ai decori tipici di queste piastrelle di arrivare nelle case di tutti. Il centro di questa industrializzazione sono state le provincie di Modena e Reggio Emilia, in particolare Sassuolo, già centro della produzione del gres rosso. Le piastrelle in bicottura avevano (e hanno) un enorme difetto però: sono molto delicate e si rovinano al minimo urto. Inoltre, i decori non erano particolarmente resistenti: con l’utilizzo intensivo e i continui lavaggi tendevano a scolorirsi. Pertanto il loro utilizzo era riservato quasi esclusivamente ai bagni, mentre negli altri ambienti della casa venivano posati ancora i vecchi materiali (in case di quel periodo non è raro trovare piastrelle in “segato”, materiale a base lapidea).
Il passaggio che consentì la diffusione della ceramica a tutti gli ambienti è stato ancora una volta un mix di sviluppo tecnologico e stimolo economico. A metà degli anni ’60, infatti, dopo quasi vent’anni di boom, una brusca crisi colpisce anche il comparto delle piastrelle. La risposta degli industriali arriva con la ricerca per innovare processi e materiali. Da un lato si sviluppano i forni a tunnel, cioè un processo in cui le piastrelle vengono cotte passando su dei nastri trasportatori attraverso un lungo forno; dall’altro vengono sviluppate le piastrelle monocottura: cioè la base e la smaltatura vengono cotte in un unico passaggio. Questa duplice innovazione consente di realizzare piastrelle più resistenti all’usura, agli agenti atmosferici e alla rottura, e di incrementare la produzione, con conseguente abbattimento dei costi. Per vent’anni la piastrella monocottura è stata la padrona indiscussa: in tutti gli ambienti delle case costruite negli anni ’70 e ’80 ci sono piastrelle in monocottura. Il comparto della ceramica del distretto di Sassuolo in quegli anni è diventato il più grande al mondo.
Arriviamo così all’ultimo passaggio, che poi è quello che ci interessa di più: cioè l’invenzione del gres porcellanato, avvenuta a fine anni ’80.
Il motivo è stato ancora una volta una crisi economica, questa volta però proveniente dall’estero. E precisamente dalla Spagna. Infatti, nei dintorni di Valencia si era formato e sviluppato un importante comparto industriale ceramico. Comparto che esiste ancora, ed è più grosso di quello italiano. E che all’epoca aveva preso il sopravvento grazie a costi di produzione nettamente inferiori, facendo perdere quote di mercato (e vendite) al comparto italiano. La risposta è stata ancora una volta innovare: processi produttivi e tecnologie.
Nasce così il gres porcellanato, un materiale ceramico, ma con delle caratteristiche particolari. Viene infatti modificata la miscela dei materiali che ora prevede argille ceramiche, feldspati, caolini e sabbia. Viene anche ottimizzato il processo produttivo, di cui parleremo a breve. Il risultato è stato un materiale incredibilmente resistente. Le sue due principali caratteristiche sono:
- Un bassissimo coefficiente di assorbimento dei liquidi, che all’atto pratico significa meno possibilità di macchiarsi e maggiore resistenza agli agenti atmosferici;
- Una resistenza meccanica altissima, dovuta alla bassa porosità garantita dal processo di produzione e dalla presenza di materiali tipo il caolino. Resistenza non solo a rottura, ma anche agli urti.
Le prime versioni delle piastrelle in gres porcellanato erano esclusivamente “a tutta massa” (o “colorato in pasta”), cioè prive di decori ma in cui il colore era uguale per tutto lo spessore della piastrella. Le finiture erano veramente poche, e questo aspetto per molti anni ha limitato l’utilizzo di questa tipologia di piastrella agli ambienti commerciali e direzionali.
Sebbene le piastrelle a tutta massa siano ancora una variante significativa del gres porcellanato, da ormai molti anni le piastrelle vengono smaltate e le nuove tecnologie, sommate alle incredibili qualità del supporto, hanno consentito di ottenere finiture prima inimmaginabili.
Il processo produttivo
Vediamo rapidamente i passaggi che caratterizzano il processo produttivo del gres porcellanato. Sarà utile anche per capire alcune delle caratteristiche di cui parleremo a breve. Tale processo si compone essenzialmente di sei fasi:
- Creazione dell’impasto
- Pressatura
- Essiccazione
- Smaltatura & Decorazione
- Cottura
- Finitura (lappatura, taglio e rettifica)
Ma ognuno di questi sei passaggi in realtà è molto più articolato. Vediamo i principali.
Impasto
I materiali che compongono l’impasto li abbiamo già elencati. C’è una base di argille, che garantiscono la plasticità, e una serie di altri minerali che danno le caratteristiche peculiari del gres porcellanato.
Questi materiali non vengono solo mischiati ma vengono macinati finemente. Questo passaggio è importante perché più piccoli sono i granuli minore è lo spazio tra di loro (meno aria) e maggiore la superficie per la “greificazione”, il processo che da il nome a questo materiale.
Il composto così ottenuto viene mischiato ad acqua per creare la cosiddetta “borbottina”, un impasto omogeneo che subisce il processo dell’atomizzazione, cioè una evaporazione dell’acqua in eccesso per ottenere una polvere semisecca con granulometria e umidità controllate.
Pressatura
Il secondo passaggio è altrettanto importante perché conferisce spessore, forma e dimensione alla piastrella. La pressatura ha tre scopi principali:
- Formatura della piastrella, cioè dare la forma alla piastrella (NB: successivamente può venire ulteriormente tagliata per ottenere formati particolari);
- Compattazione della stessa, con lo scopo di darle tutte le proprietà meccaniche necessarie;
- Addensamento del composto, al fine di ridurre al minimo i vuoti e pertanto fornire uniformità e compattezza all’impasto
Le presse utilizzate mediamente forniscono una pressione di oltre 400 kg/cmq, però è evidente che applicando pressioni maggiori è possibile ottenere formati maggiori: non tanto perché più si schiaccia la piastrella più si ingrandisce, quanto perché più la si schiaccia, più diventa denso e stabile il composto e di conseguenza riesce a raggiungere grandi dimensioni senza rompersi.
Smaltatura e decorazione
Saltiamo la fase di essiccazione, che non ha bisogno di tante parole, per passare ad uno dei passaggi cruciali.
Parliamo di smaltatura e decorazione che, come per le piastrelle monocottura, avvengono sul supporto ancora “crudo”. Questo fornisce maggiore stabilità e resistenza alla finitura superficiale.
Come vedremo a breve la decorazione non è un passaggio che avviene sempre nelle piastrelle di gres porcellanato, ma ormai è diventato fondamentale per il mercato, soprattutto grazie alla qualità estetica che garantisce.
I processi utilizzati sono sostanzialmente tre:
- Stampa a rulli
- Stampa a getto di inchiostro
- Decorazione per caduta
La prima è quella più vecchia, utilizzata a partire dalle bicotture: le piastrelle vengono semplicemente fatte passare sotto dei rulli in cui è presente il motivo da stampare e caricati con dell’inchiostro. Semplice, consolidato ed efficace. Viene utilizzato generalmente per i motivi geometrici.
La stampa a getto di inchiostro invece ha consentito la riproduzione di tutte le finiture più ricercate adesso: marmi, legni e metalli su tutti. Ma anche la realizzazione di decorazioni particolari, come disegni astratti e addirittura la stampa di immagini su richiesta. L’utilizzo di immagini ad alta qualità come matrice ha reso i risultati di queste stampe difficilmente riconoscibili rispetto ai materiali originali. Il processo di smaltatura è talmente raffinato da rendere difficoltoso percepire la differenza tra un marmo vero e un marmo finto.
Chiaramente, trattandosi di piastrelle smaltate, la possibilità di scheggiatura è sempre dietro l’angolo, così come altre problematiche tipo la cavillatura (la formazione di una sottile linea sulla smaltatura).
Se da un lato questo è vero, dall’altro c’è da dire che la stabilità e le caratteristiche di resistenza del supporto in gres, rendono questa evenienza molto meno probabile rispetto alle vecchie piastrelle in mono- e bi- cottura.
Ad ogni modo, per “nascondere” eventuali scheggiature, i produttori tendono a realizzare il supporto in gres di un colore molto simile alla smaltatura. Inoltre stanno cercando di realizzare piastrelle in cui la stessa finitura si trova in tutto lo spessore della piastrella: così la vena di un marmo si continuerebbe a vedere anche in caso di scheggiatura. È ancora presto (anche se qualcosa comincia a vedersi), però è una delle prossime evoluzioni tecnologiche.
L’ultima tecnica invece consiste nel far cadere lo smalto di finitura sulla piastrella. Si tratta di una tecnologia adatta a finiture a tinta unita.
Cottura
La cottura delle piastrelle in gres porcellanato avviene in forni a tunnel che possono superare i cento metri di lunghezza.
Le temperature arrivano a 1.200 gradi e, a seconda del formato, possono durare mediamente dai 40 ai 60 minuti.
Il processo di cottura è importante perché garantisce la greificazione del materiale, una reazione chimica con cui i granuli del composto si fondono tra di loro generando un aumento notevole della resistenza meccanica e dell’impermeabilità.
Finitura
L’ultimo passaggio, la finitura, è molto importante: si tratta in realtà di più passaggi che forniscono al gres porcellanato alcune caratteristiche essenziali.
Il principale è la lappatura: cioè la levigatura con teste diamantate che rendono più liscia la superficie. Ne parleremo meglio a breve.
Vi è poi il taglio, qualora si vogliano ottenere forme particolari, ed infine la rettificazione, cioè il processo che rende i bordi delle piastrelle perfettamente dritti e consente la posa con fughe minime.
Su questo aspetto un’annotazione: la fuga non potrà mai essere pari a zero come per la pietra. Il gres è un materiale che tende a subire un po’ di dilatazione termica, quindi ha bisogno di una sottile fuga per compensare questi movimenti minimi.
Le caratteristiche del gres porcellanato
Vediamo ora quali sono le caratteristiche principali delle piastrelle in gres porcellanato che si trovano negli showroom.
Tipologia
In commercio si possono trovare due tipologie di gres porcellanato, a cui abbiamo già fatto accenno:
- Naturale (a tutta massa)
- Smaltato
Il gres porcellanato naturale è il prodotto non decorato, nella sua composizione originale. In sostanza quello in cui viene saltata la fase della decorazione di cui abbiamo parlato poco fa.
Gres naturale
Viene definito anche gres porcellanato tecnico e si tratta di un pavimento in gres in cui la piastrella mantiene caratteristiche costanti di colorazione lungo tutto lo spessore.
Questa caratteristica è importante: infatti se per qualche motivo la piastrella dovesse scheggiarsi emergerebbe una parte dello stesso colore della finitura. È evidente come questa cosa comporta certi vantaggi.
Al contrario di quello che si può credere però, la mancanza di decorazione non rende la sua produzione più semplice: infatti, non essendo possibile controllare l’aspetto finale e coprire eventuali difetti con la smaltatura, tutti i passaggi del processo devono essere perfetti, in particolare la composizione e la pressatura. Non possono esserci difetti superficiali altrimenti tutta la piastrella è da buttare.
In compenso, il risultato è un gres resistentissimo, con un bassissimo coefficiente di assorbimento all’acqua, quindi praticamente impossibile da macchiare. Inoltre, con dei trattamenti particolari sulla superficie a vista, è possibile ottenere effetti tipo pietra spaccata, molto gradevoli e ricercati soprattutto all’esterno.
Gres smaltato
All’inizio della sua produzione, quindi all’inizio degli anni ’90, esisteva solo la versione naturale del gres porcellanato ma, nonostante un gradevole effetto leggermente marmorizzato, non riusciva ad ottenere effetti estetici tanto vari e quindi non faceva breccia all’interno delle case. La smaltatura quindi è stata una naturale evoluzione tecnologica per consentirne la diffusione in tutte le tipologie di ambienti.
Se fino a poco più di una decina di anni fa il gres smaltato non offriva una vasta gamma di scelta e la sua produzione era molto costosa, ora la situazione è cambiata in modo radicale. Grazie alla stampa digitale di cui abbiamo già parlato, le finiture sono infinite e i costi di produzione sono stati abbattuti.
Ora i produttori di gres porcellanato sono in grado di replicare, dal punto di vista estetico, tutti i materiali:
- Metalli
- Marmi e Pietre
- Cemento
- Legno
Ma la stampa digitale consente anche di riprodurre immagini sulle piastrelle, così si sono diffusi decori di ogni tipo, che stanno avendo particolare fortuna soprattutto abbinate alle lastre di grande dimensione.
A parità di dimensione e di qualità, le piastrelle in gres porcellanato smaltato costano generalmente meno delle piastrelle in gres porcellanato naturale: il motivo è quanto dicevamo poco fa, cioè che lo smalto nasconde il supporto e quindi eventuali difetti, consentendo di lavorare con supporti tecnicamente meno precisi.
Finiture
Quando si parla di finitura solitamente si pensa a quanto abbiamo detto nel paragrafo precedente, cioè all’effetto dato dalla smaltatura superficiale: pietra, legno, metallo e quant’altro.
In realtà la finitura di una piastrella in gres corrisponde all’ultimo passaggio del processo di produzione, cioè le lavorazioni finali sulla piastrella cotta. Le piastrelle in gres porcellanato possono avere tre finiture principali:
- Naturale
- Lappata
- Lucida
Finitura naturale
La finitura naturale vuol dire sostanzialmente senza alcuna finitura: cioè si tratta della piastrella come esce dopo la cottura. Solitamente opaca e leggermente ruvida.
Si tratta della finitura che di solito fornisce le migliori prestazioni in relazione all’assorbimento dei liquidi, poiché il processo di cottura tende a chiudere tutti i micropori presenti sulla superficie, rendendola totalmente impermeabile. Queste piastrelle difficilmente si macchiano.
Finitura lappata
Del processo di lappatura abbiamo già detto: è una lavorazione che rende la piastrella maggiormente liscia.
Però esistono vari gradi di lappatura, noi ne individuiamo due: la piastrella “lappata” e la piastrella “lucida”.
La piastrella lappata è un passaggio intermedio tra la piastrella naturale, quindi grezza e opaca, e quella lucida (di cui parleremo a breve). L’aspetto è leggermente satinato e brillante, e al tocco sembra quasi vellutato.
Il problema della lappatura è che aumenta la quantità di assorbimento della piastrella: infatti viene rimosso un sottilissimo strato superiore di materiale, col risultato di aprire i micropori presenti sotto la superficie. Per diminuire questo inconveniente ci sono delle tecnologie che consentono di chiudere questi micropori, comunque stiamo parlando di un prodotto più delicato rispetto alla finitura naturale.
Finitura lucida
La finitura lucida è l’estremo opposto di quella naturale e la si ottiene rendendo ancora più liscia la superficie, un effetto solitamente utilizzato per imitare i marmi. Il procedimento è lo stesso della lappatura, che viene semplicemente prolungata. I gres lucidi sono quelli maggiormente sensibili alle macchie, quindi più delicati. Ad ogni modo sono molto meno assorbenti rispetto ad una pietra vera.
Dimensione
Altra caratteristica peculiare delle piastrelle in gres porcellanato sono le dimensioni. Ne parliamo perché, soprattutto negli ultimi anni, le dimensioni sono diventate qualcosa che conta per davvero.
Quando il mercato era dominato dalle piastrelle in monocottura (anni ’70 e ’80), le piastrelle “grandi” erano quelle di 33cm per lato. Quando sono comparse le prime piastrelle in gres porcellanato ci si è spinti fino ai 40x40cm, e sembravano enormi. Adesso questa misura è praticamente fuori produzione perché considerata piccola. Anche una misura che fino a pochi anni fa era considerata grande ormai è un “entry level”: parliamo del 60x60cm.
Ormai le piastrelle in gres porcellanato arrivano senza nessuno sforzo a 120x120cm, mantenendo comunque costi contenuti. E sul mercato si trovano lastre che arrivano addirittura a 3 metri di lunghezza. Ormai il limite è dato dalla dimensione della bocca del forno in cui vengono cotte.
Tutte queste possibilità hanno consentito di slegarsi in qualche modo dal problema della dimensione: se prima, soprattutto tra architetti e designer, c’era una rincorsa verso il formato sempre più grande perché considerato più esclusivo, il fatto che il grande formato sia alla portata di tutti ha portato negli ultimi anni al ritorno delle piccole dimensioni: si pensi alle piastrelle esagonali o al 20x20cm.
Spessori
Lo spessore del gres porcellanato è uno dei parametri che è mutato maggiormente negli ultimi anni.
Infatti, fino ad una decina di anni fa la piastrella “standard” aveva uno spessore di circa 12-14mm. C’erano poi le piastrelle di grande spessore, intorno ai 20mm, utilizzati essenzialmente all’esterno, e poi c’erano le piastrelle ultrasottili con uno spessore compreso tra i 3 e i 5 mm.
Queste piastrelle ultrasottili all’epoca avevano problemi di planarità, cioè tendevano ad imbarcarsi anche una volta posate, proprio a causa dello spessore ridotto. La risposta è stata inserire una maglia di fibre di vetro sulla parte posteriore per contrastare questa tendenza.
Oggi la situazione è parzialmente cambiata: lo spessore standard è sceso notevolmente, passando a 9-10mm; invece le piastrelle ultrasottili, sebbene ancora in produzione, sono meno diffuse, sostituite dal 6mm, che ad oggi è considerata una piastrella sottile. Invece il 20mm continua ad essere utilizzato per gli esterni e per i pavimenti galleggianti.
Queste variazioni sono naturalmente dovute agli sviluppi tecnologici, che hanno consentito di ampliare i formati e contemporaneamente rendere più sottili le piastrelle, garantendo al contempo resistenza meccanica, stabilità e planarità.
Tralasciando i 20mm, che abbiamo detto essere adatti ad un utilizzo esterno, in casa la scelta tra piastrelle sottili e standard dovrebbe essere fatta sulla base del tipo di posa prevista.
Le piastrelle standard sono da preferire in caso di rifacimento del pavimento, in quanto garantiscono maggiore stabilità dimensionale e caratteristiche tecniche superiori. Invece, le piastrelle sottili sono da preferire nel caso in cui la pavimentazione venga sovrapposta ad una preesistente, per contenere gli spessori (bisogna sempre fare attenzione alle altezze minime inderogabili) e i sovraccarichi.
Leggere le caratteristiche di un gres porcellanato
In questo ultimo paragrafo vedremo come leggere il catalogo di un gres porcellanato. Infatti, oltre alle caratteristiche principali che abbiamo visto nei paragrafi precedenti, cioè tipologia, finitura, dimensione e spessore, vi sono altre caratteristiche più tecniche che sarebbe il caso di verificare.
Fermo restando che ogni produttore ha la propria simbologia e i propri parametri, quasi tutti i cataloghi riportano, a fianco di ogni piastrella, alcuni simboli e alcune informazioni comuni. Parte di questi dati sono relativi a cosa il produttore vuole far sapere della propria piastrella, parte invece sono relativi a parametri che sono normati per legge e che è giusto capire.
Niente di complicato ma sapere cosa si sta guardando è importante, soprattutto se si stanno paragonando piastrelle di produttori differenti. I parametri sono tanti, qui parleremo solo di quelli più comuni e che possono interessare maggiormente durante la fase di scelta.
Resistenza allo scivolamento
Questo è uno dei parametri più importanti e il riferimento di legge è il DIN 51130 (normativa tedesca). In sostanza, tramite una prova pratica, si stabilisce quanto è scivolosa la piastrella.
I valori variano da R9 a R13. Se non viene riportato questo valore significa che la piastrella non ha superato il relativo test (o che non vi è stata sottoposta).
All’interno delle case sono adatti i seguenti valori:
- R9 per tutti gli ambienti asciutti;
- R10 per gli ambienti umidi (bagni, cucine, lavanderie).
Valori superiori sono superflui.
Grado di variazione cromatica
Indica quanta differenza cromatica c’è tra una piastrella e l’altra.
Questo è un aspetto importante perché di solito negli showroom si vedono al massimo un paio di piastrelle affiancate, ma non ci si rende conto che in realtà la variazione cromatica tra le varie piastrelle può essere significativa.
Magari se si sta scegliendo un gres effetto legno può essere una cosa ricercata, ma in altri casi non è un effetto bello e voluto.
In questo caso la norma di riferimento è la ANSI 137, americana, e i valori variano tra:
- V1 Aspetto uniforme: colore uniforme con differenze tra piastrelle della stessa produzione minime;
- V2 Lieve variazione: apprezzabili differenze nell’aspetto di superficie e grafica all’interno della stessa produzione;
- V3 Moderata variazione: Significativa variazione di aspetto superficiale, grafica e colore da piastrella a piastrella e/o all’interno della stessa piastrella;
- V4 Sostanziale variazione/random: Variazioni irregolari da piastrella a piastrella. Una piastrella può differire totalmente nell’aspetto superficiale e colore da un’altra.
C’è un aspetto da chiarire: ogni stock di produzione varia rispetto ad un altro. Il motivo sono minime differenze di composizione o cottura su cui non si può avere il controllo. Quindi due pacchi di piastrelle di tipo V1 provenienti da stock differenti, potrebbero essere molto differenti.
Assorbimento d’acqua
Questo parametro indica quanto assorbe la piastrella se viene bagnata. La norma di riferimento questa volta è la nostra ISO 10545-3. La piastrella, per essere considerata un gres, deve avere un coefficiente di assorbimento E ≤ 0,5%.
Però a partire da questo valore si può scendere: più è basso meno assorbe (e si macchia) la piastrella. Teoricamente le piastrelle in gres naturale hanno i valori più bassi di assorbimento.
Resistenza al carico di rottura
Questo valore banalmente ci dice quanto peso si può caricare sulla piastrella prima che si rompa. Il test viene fatto posizionando la piastrella su due supporti agli estremi, lasciandola libera nel mezzo e caricandola con pesi sempre crescenti.
Naturalmente in condizioni normali una piastrella ha un appoggio continuo, però questo valore è importante per conoscere la resistenza della piastrella.
La norma di riferimento è la ISO 10545-4.
Altri parametri
Quelli che abbiamo approfondito qui sopra sono i parametri principali da verificare per capire se la piastrella è idonea all’utilizzo che deve esserne fatto. Però vi sono altri parametri da guardare a seconda dei casi:
- Stabilità dimensionale, ISO 10545-2 e UNI EN 14411-G
nella tabella di seguito i parametri presi in considerazione con i discostamenti massimi previsti dalla norma:
dimensione | ± 0,6% |
spessore | ± 5% |
rettilineità dei lati | ± 0,5% |
ortogonalità dei lati | ± 0,5% |
planarità della superficie | ± 0,5% |
aspetto | ≥ 95% |
- Resistenza all’abrasione, ISO 10545/7
Capacità della superficie dello smalto di resistere all’azione di usura provocata dal camminamento o dallo sfregamento di corpi meccanici. Le piastrelle vengono classificate in varie classi:
PEI I | Prodotti destinati ad ambienti sottoposti a traffico leggero e senza sporco abrasivo; es. bagni, camere da letto |
PEI II | Prodotti destinati ad ambienti sottoposti a traffico medio e ad azione abrasiva medio-bassa; es. studi, soggiorni |
PEI III | Prodotti destinati ad ambienti sottoposti a traffico medio forte con azione abrasiva media; es. ingressi, cucine di case private |
PEI IV | Prodotti destinati ad ambienti sottoposti a traffico intenso; es. ristoranti, uffici, negozi, uffici pubblici (ad esclusione dei pavimenti sottostanti casse e banchi di pubblici esercizi e passaggi ristretti obbligati) |
PEI V | Prodotti destinati ad ambienti sottoposti a traffico particolarmente intenso. |
- Resistenza all’abrasione profonda, ISO 10545-6
La piastrella viene classificata CONFORME o NON COFORME. Nel caso in cui sia conforme significa che in laboratorio è stato testato un valore ≤ 175mm3.
- Resistenza al gelo, ISO 10545-12
La resistenza al gelo si testa in caso di presenza di acqua e temperature inferiori a 0°. La classificazione ufficiale è RESISTENTE. Più comune la denominazione NON GELIVO. Se è prevista la posa in esterni il gres deve essere sempre non gelivo. Generalmente il gres porcellanato, anche quello da interni, è sempre non gelivo
- Resistenza agli attacchi chimici, ISO 10545-13
È la capacità dello smalto di tollerare il contatto con sostanze chimiche di uso domestico (p.e. detergenti) senza subire alterazioni di aspetto.
Il valore minimo da prendere in considerazione è “B”, ottimale è “A”.
Scegliere il pavimento in gres non è solo una questione di costi
Siamo arrivati alla fine. E finora non abbiamo parlato di un aspetto importante: quanto costa il gres porcellanato?
Non è una dimenticanza, ma di fatto si tratta di un’operazione impossibile. Il motivo è che siamo di fronte ad un materiale talmente complesso e con talmente tante variabili, che dare un prezzo medio non avrebbe senso. Ci sono piastrelle che costano meno di 10 €/mq e ci sono piastrelle che superano di molto i 100 €/mq. E alle volte sembrano uguali tra di loro.
Di sicuro un materiale di buona qualità e con una resa estetica minima difficilmente costa meno di 20 €/mq.
Però la scelta non può basarsi solo sul prezzo, e in questo articolo abbiamo messo in luce una serie di caratteristiche, sia tecniche che estetiche, che hanno un ruolo fondamentale sia sulla durata che sul risultato estetico di un pavimento in gres.
Comprenderli e soppesarli correttamente è essenziale per effettuare una scelta di cui non ci si pentirà.
Alessandro Mezzina
Architetto e autore di www.ristrutturazionepratica.it
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