Come migliorare l’efficienza energetica di una casa: dalle basi teoriche agli interventi pratici
In un contesto di costi energetici crescenti e sfide ambientali, scoprire come migliorare l’efficienza energetica di una casa è diventato un passaggio essenziale. In questo articolo vediamo le basi normative, i principali interventi e gli accorgimenti pratici per ridurre i consumi e valorizzare al meglio il proprio immobile e il comfort.
Kamagra è un farmaco che si applica principalmente al trattamento di disfunzione dell erezione. Il suo principio attivo, il sildenafil, fa parte dell associazione di farmaci simili al popolare farmaco del nome “Viagra” che stimola la circolazione sanguigna nel pene per consentire un successivo attacco ereditario durante lo sforzo coniugale. Tuttavia, l acquisto di Comprare Kamagra Senza Ricetta in assenza di una prescrizione medica può comportare importanti fattori derischi per la salute.
Il tema dell’efficienza energetica è diventato centrale negli ultimi anni, sia per ragioni economiche sia per esigenze ambientali. L’aumento dei costi delle fonti fossili, il sempre maggiore inquinamento e l’attenzione crescente verso il cambiamento climatico, hanno spinto i governi più sensibili a promuovere soluzioni alternative. Quando si ristruttura migliorare l’efficienza energetica di una casa è obbligatorio e non facoltativo.
Lo dimostrano le statistiche di Eurostat e della EEA (Agenzia Europea dell’Ambiente), che forniscono i valori di emissioni di CO2 in Europa, suddivisi per settori: 1
- Edifici (36%)
- Trasporti (25%)
- Industria (20-21%)
- Agricoltura (10%)
- Altri (9-10%)
Emerge chiaramente come il settore edilizio sia responsabile della quota più importante delle emissioni di CO2. Parlando di freddi numeri, considerando che l’Unione Europea emette complessivamente ogni anno intorno ai 3,3-3,9 gigatonnellate di CO₂ equivalenti (Gt CO₂eq), il settore edilizio nel suo insieme può arrivare a superare 1,2-1,3 Gt CO₂eq annue. Di questo circa la metà è dovuta agli usi residenziali (riscaldamento, raffrescamento, acqua calda sanitaria, elettricità per elettrodomestici, ecc.).
Come risposta la Comunità Europea si è concentrata in modo deciso sul settore edilizio, ed in particolare quello residenziale, per quanto riguarda le sue politiche di contrasto all’inquinamento. Il ché ha portato all’introduzione di direttive e normative specifiche proprio con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio degli edifici, fino ad azzerarla nel 2050.
Le case di nuova costruzione sono da tempo soggette al rispetto di requisiti minimi di prestazione energetica, ma il vero nodo della questione sono le case esistenti, che rappresentano la vasta maggioranza del patrimonio edilizio e la principale causa di inquinamento.
Ormai è impossibile intraprendere una ristrutturazione senza affrontare seriamente il tema dell’efficienza energetica. E fortunatamente anche gli edifici esistenti possono essere riqualificati in modo efficace attraverso interventi di vario tipo. Ma non è qualcosa di banale: per ottenere un vero efficientamento non basta sostituire la caldaia con una a condensazione o cambiare gli infissi.
Siccome sarà un tema che ci accompagnerà per i prossimi anni, con questo articolo inauguriamo una nuova rubrica, che si concentrerà su interventi e azioni pratiche per migliorare l’efficienza energetica di una casa. Cercando di andare alla radice del suo significato, che non è intraprendere singole e limitate azioni, ma affrontare la questione in modo olistico: cioè vedendo le interrelazioni tra le parti al fine di ottenere una casa che realmente consumi meno, utilizzi meno risorse e garantisca un ambiente di vita sano.
Gli articoli saranno per lo più di taglio pratico: vedremo soluzioni tecnologiche, materiali, impianti, etc. Solo in questo primo articolo faremo un’eccezione: lo scopo è gettare le fondamenta dell’argomento, da cui partire per i singoli approfondimenti. Pertanto faremo una panoramica completa e organizzata dei principali aspetti legati all’efficienza energetica in ambito residenziale.
Parleremo dei principali riferimenti normativi, le classi energetiche, gli indici di prestazione e le possibili agevolazioni economiche; vedremo come effettuare una auto-diagnosi di massima delle criticità di un immobile e quali soluzioni adottare per ridurre i consumi.
Iniziamo con oggi un percorso che aiuterà ad avere una maggiore consapevolezza di quali siano le corrette pratiche per efficientare casa, senza mai perdere di vista il fatto che si tratta di un argomento complesso e che quindi sarà necessario rivolgersi a professionisti con esperienza per non ritrovarsi con brutte sorprese.
Normative e standard di riferimento
Come abbiamo già accennato, il tema dell’efficienza è preso seriamente dalla Comunità Europea, che ha emanato varie direttive che fissano obiettivi di lungo periodo. A livello nazionale, ciascun Paese ha adottato leggi e decreti che recepiscono tali direttive, definiscono parametri minimi di prestazione e obblighi di certificazione, tutte obbligatorie per migliorare l’efficienza energetica di una casa. E così ha fatto anche l’Italia a partire dall’inizio degli anni ’90.
Norme europee
A livello europeo il riferimento principale è l’Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), emanata inizialmente nel 2002. Ci sono stati tre successivi aggiornamenti di tale direttiva, nel 2010, nel 2018 e infine nel 2024: l’08/05/2024 è stata pubblicata la EPBD IV.
La pubblicazione dell’EPBD IV in data 08/05/2024 segna un passaggio fondamentale per l’Unione Europea verso edifici ancora più efficienti e a ridotte emissioni. Rispetto alla versione precedente (Direttiva 2010/31/UE, aggiornata dalla 2018/844/UE), le novità principali riguardano target più ambiziosi, percorsi obbligatori di ristrutturazione, maggior integrazione delle rinnovabili e un focus sulla qualità degli ambienti indoor.
Questa ultima versione della direttiva è stata ribattezzata comunemente “Direttiva case green”, proprio perché si concentra in modo importante sul parco edilizio europeo esistente, stabilendo target ti efficientamento abbastanza stringenti.
Infatti uno dei pilastri di EPBD IV è l’introduzione di obblighi di efficientamento progressivi per ridurre drasticamente i consumi del patrimonio edilizio esistente. Gli Stati membri infatti devono ridurre il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.
In sostanza in Italia l’obiettivo è migliorare l’efficienza energetica delle case portando quelle rientranti nella fascia energetica più bassa (G) almeno alla classe F o E entro tale data.
Norme Nazionali
Come già accennato, la normativa italiana in materia di efficienza energetica si è sviluppata nel corso degli ultimi decenni, recependo progressivamente le direttive europee e introducendo strumenti specifici per promuovere la riduzione dei consumi nel settore edilizio. I principali riferimenti legislativi sono:
- Legge 10/1991
È considerata il primo provvedimento organico sul contenimento dei consumi energetici in edilizia. Ha stabilito principi base, come la necessità di relazioni tecniche sui fabbisogni termici degli edifici e l’obbligo di adottare soluzioni progettuali per l’isolamento termico. - D.Lgs. 192/2005 e successive modifiche (D.Lgs. 311/2006)
Questi decreti hanno recepito la prima Direttiva Europea in materia di prestazione energetica degli edifici (circolare EPBD 2002/91/CE). Questi decreti hanno introdotto l’Attestato di Certificazione Energetica (poi evoluto in Attestato di Prestazione Energetica, APE) e fissato requisiti minimi per l’efficienza energetica nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni. - Legge 90/2013
Ha ulteriormente aggiornato il quadro normativo nazionale, recependo i contenuti della Direttiva 2010/31/UE (EPBD II). Ha istituito l’obbligo dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE) per gli edifici oggetto di compravendita o locazione e fornito indicazioni più precise sui requisiti tecnici. - Decreti Ministeriali 26 giugno 2015 (Requisiti Minimi, Applicazione Metodologie di Calcolo, Linee Guida APE)
Una tappa rilevante per l’omogeneità delle regole a livello nazionale. Tra i tre decreti, particolarmente importante è quello recante i “Requisiti Minimi” che specifica le prestazioni minime per edifici nuovi ed esistenti sottoposti a ristrutturazione, con livelli differenziati a seconda dell’entità dei lavori. - D.Lgs. 48/2020
Recepimento della Direttiva (UE) 2018/844 (EPBD III). Ha introdotto, tra gli altri aspetti, l’obbligo di sviluppare strategie di lungo periodo per la riqualificazione del parco immobiliare nazionale e ha rafforzato l’importanza di misure e politiche integrate per conseguire obiettivi di decarbonizzazione al 2050.
È infine in corso di approvazione un aggiornamento del decreto “Requisiti Minimi” che in sostanza darà attuazione al D.Lgs. 48/2020 e modificherà alcune parti del Decreto attualmente in vigore.
Standard e protocolli
Oltre alle normative europee e nazionali, che determinano requisiti e classificazione energetica di legge, esistono protocolli riconosciuti a livello internazionale, come Passivhaus, CasaClima, LEED e BREEAM, che definiscono parametri, alle volte anche più severi di quelli stabiliti dalla legge, e norme di buona pratica. Seguire le direttive di tali protocolli consente di migliorare l’efficienza energetica di una casa con risultati certi.
Il protocollo CasaClima ad esempio, è un sistema di certificazione energetica nato in Alto Adige che valuta non solo i consumi termici dell’edificio, ma anche il comfort interno e l’impatto ambientale dei materiali utilizzati. A differenza della classificazione energetica italiana (APE), che assegna all’immobile una classe da G ad A4 in base ai consumi di energia primaria (ne parliamo tra poco), CasaClima elabora un metodo di analisi più articolato e stringente, ponendo l’accento su aspetti come l’ermeticità dell’involucro, la corretta ventilazione, la riduzione dei ponti termici e la tutela della salute indoor.
L’approccio di CasaClima include, oltre a tutta la parte progettuale di calcolo termico, verifiche in opera di quanto viene realizzato (ad esempio con il blower door test). Questa visione olistica consente di fornire, a chi acquista o ristruttura, una garanzia aggiuntiva sul reale livello di efficienza e salubrità dell’edificio.
Un’altra differenza rispetto alla scala G–A4 dell’APE è che CasaClima adotta classi proprie (come ad esempio CasaClima A, B, Gold), ciascuna vincolata a requisiti particolarmente severi sulle dispersioni termiche e sulle prestazioni degli impianti, confermabili solo dopo specifici collaudi. Il vantaggio di questa metodologia è una maggiore precisione nella valutazione e un controllo continuo dell’efficacia degli interventi, mentre l’APE, per quanto obbligatorio e adeguato agli standard nazionali, tende a focalizzarsi principalmente sui valori di consumo di energia primaria, lasciando meno spazio alla verifica dell’esecuzione o alla qualità dei materiali impiegati.
Proprio grazie al suo approccio, una casa CasaClima Gold è effettivamente una casa che consuma poco, mentre paradossalmente una casa in classe energetica A4 (la più alta) potrebbe comunque comportare bollette elevate.
In ogni caso tutti standard e protocolli sono volontari e non obbligatori (tranne che per specifici territori: Casa Clima è obbligatoria per la provincia di Bolzano), ma offrono linee guida utili per chi desidera realizzare o ristrutturare un edificio con un livello di performance superiore a quanto richiesto dalla legge. Ottenere una certificazione può incrementare il valore dell’immobile, soprattutto in mercati più sensibili al tema ambientale.
Incentivi e agevolazioni
Chiudiamo questo capitolo sulle normative facendo un rapido accenno alle misure di incentivazione presenti in Italia, e che nel 2025 hanno subito alcune importanti modifiche.
Nel corso degli anni infatti sono stati introdotti vari incentivi per favorire gli interventi di riqualificazione energetica, principalmente sotto forma di detrazioni fiscali. A partire dagli anni ’90, misure come il Bonus Casa, l’Ecobonus e infine il Superbonus (ormai in conclusione) hanno reso più accessibili i lavori di isolamento termico, la sostituzione di caldaie e l’installazione di pannelli fotovoltaici. Queste agevolazioni sono tutte sotto forma di detrazioni fiscali: consentono cioè di recuperare gran parte della spesa sostenuta come sconto sulle tasse.
Tutte queste agevolazioni sono soggette a modifiche periodiche e proprio nel 2025 sono state introdotte importanti novità:
- È stata ridotta la percentuale di detrazione per l’Ecobonus (dal 65% al 50%)
- È stata limitata la platea di immobili che ne beneficiano (le percentuali di detrazione maggiore valgono solo per le prime case).
Si tratta di misure complesse che non è possibile affrontare in un unico paragrafo. Ma conoscere come funzionano può fare la differenza nell’elaborazione del piano economico di una ristrutturazione, poiché riduce sensibilmente i tempi di ritorno dell’investimento.
Indicatori e certificazioni energetiche
Vediamo ora alcuni aspetti più tecnici contenuti nella normativa, che è importante comprendere per interpretare correttamente gli attestati di prestazione energetica, individuare le maggiori criticità e pianificare gli interventi da eseguire nel modo corretto.
Classi energetiche e APE
L’APE (Attestato di Prestazione Energetica) è un documento che sintetizza le caratteristiche energetiche di un edificio, assegnandogli una classe che in Italia va dalla G (la meno performante) alla A4 (la più virtuosa). Questo attestato comprende informazioni sui consumi annui di energia primaria, sulla presenza di impianti a fonti rinnovabili e sugli interventi consigliati per migliorare l’efficienza.
Le classi energetiche vengono calcolate tenendo conto di vari parametri, tra cui la trasmittanza termica delle pareti e degli infissi (ossia quanto isolano), l’efficienza del sistema di riscaldamento comprensiva dell’incidenza delle fonti rinnovabili, e quella di produzione dell’acqua calda sanitaria.
Parlando di classificazione energetica è importante evidenziare un concetto che non è molto intuitivo: una casa in classe energetica elevata non è necessariamente una casa che consuma poco, ma potrebbe essere semplicemente una casa che utilizza fonti energetiche considerate “ecologiche” (come le pompe di calore) oppure generatori che con alti rendimenti (come le caldaie a condensazione).
Non sono poche le persone che, in seguito ad un importante investimento per migliorare l’efficienza energetica di una casa, continuano ad avere bollette alte per il riscaldamento e/o il raffrescamento.
Ad esempio sostituire una vecchia caldaia a gas con una moderna pompa di calore, senza sostituire infissi o isolare casa, potrebbe portare ad un importante miglioramento della classe energetica, ma non necessariamente a bollette più basse. Il motivo è che le pompe di calore sono considerati generatori che utilizzano fonti di energia rinnovabili (come vedremo nell’articolo dedicato: la principale fonte energetica è l’aria esterna). E la normativa premia questa scelta perché riduce l’inquinamento. Ma se l’involucro non è ben isolato, le richieste di energia saranno alte e la pompa di calore consumerà molto perché dovrà stare attiva molto tempo.
Chiaramente questa è una semplificazione, però ci fornisce già una prima indicazione sul fatto che esiste una gerarchia di interventi per ottenere un reale efficientamento e un risparmio in bolletta significativo. Ne parleremo tra poco.
EPgl (Energia Primaria Globale)
Tra i parametri principali dell’APE c’è l’EPgl: l’indice di prestazione energetica globale. Questo indice ci dice quanta energia primaria per metro quadrato di superficie (kWh/m² anno) è necessaria per gestire un edificio in un anno, tenendo conto di tutti i servizi energetici principali (riscaldamento e acqua calda sanitaria obbligatoriamente, raffrescamento, ventilazione e altri non obbligatori).
All’interno dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE), il valore di EPgl è dato dalla somma di due componenti:
- EPgl,nren (indice di prestazione energetica non rinnovabile);
- EPgl,ren (indice di prestazione energetica rinnovabile).
Soffermiamoci sul primo dei due: indica quanta dell’energia necessaria per la casa proviene da fonti energetiche non rinnovabili, quindi è strettamente legato all’impianto presente in casa.
L’EPgl,nren è l’indice utilizzato per assegnare la classe energetica all’immobile (da G ad A4). Più è basso l’EPgl,nren, più l’edificio viene considerato efficiente dal punto di vista energetico (e quindi ha una classe energetica alta).
Le fonti non rinnovabili sono prevalentemente quelle fossili (gas, petrolio, etc.). Così una casa che viene riscaldata con una caldaia a condensazione (che funziona a gas) avrà un EPgl,nren molto elevato, quindi una classe energetica tendenzialmente bassa.
Se invece la stessa casa viene riscaldata con una pompa di calore (che come abbiamo detto in parte è considerata una fonte rinnovabile) avrà un valore di EPgl,nren più basso e quindi una classe energetica superiore.
Qui ci riallacciamo a quanto detto sopra: al netto del vettore energetico utilizzato se non si diminuisce l’EPgl (cioè la necessità di energia per funzionare)anche con un impianto efficiente le bollette potrebbero non scendere di molto. E il modo per diminuire l’EPgl è, oltre ad adottare comportamenti virtuosi, isolare casa.
Naturalmente se ad un generatore efficiente abbiniamo un impianto di generazione a fonti rinnovabili (fotovoltaico o solare termico), diminuirà la richiesta di energia dalla rete e anche la classificazione energetica sarà migliore.
Altri indicatori tecnici
Oltre agli indici energetici presenti nell’APE, esistono altri parametri che possono guidare le scelte progettuali:
- Trasmittanza termica: misura la quantità di calore che attraversa un elemento costruttivo (parete, finestra, copertura) in un’unità di tempo. Minore è il valore di trasmittanza, più efficace è l’isolamento.
- Efficienza degli impianti: espressa in percentuale per le caldaie a combustibile fossile e tramite il coefficiente COP (Coefficient of Performance) per le pompe di calore in regime invernale, EER (Energy Efficiency Ratio) o SEER (Seasonal Energy Efficiency Ratio) per le pompe di calore in regime estivo.
- SHGC (Solar Heat Gain Coefficient o fattore solare): indica la capacità di un vetro di lasciar passare la radiazione solare. Vetri con SHGC basso riducono il surriscaldamento estivo, mentre vetri con SHGC più alto possono essere utili in climi freddi per sfruttare l’apporto solare durante l’inverno.
I pilastri dell’efficienza energetica in casa
Dopo una prima parte molto teorica passiamo finalmente ad aspetti più pratici.
L’efficienza energetica di una casa indica la capacità dell’edificio di limitare gli sprechi e sfruttare al meglio l’energia necessaria per riscaldamento, raffrescamento, illuminazione e servizi, garantendo allo stesso tempo il comfort interno.
Una casa è tanto più efficiente quanto meno energia utilizza per garantire condizioni di confort elevate.
Pertanto migliorare l’efficienza energetica di una casa, significa utilizzare materiali e tecnologie che riducono le dispersioni termiche e adottare impianti ad alte prestazioni. Oltre a mantenere comportamenti virtuosi, aspetto sempre molto sottovalutato.
Si tratta di aspetti all’apparenza intercambiabili, ma come abbiamo visto poco fa, per un efficientamento energetico che consenta di raggiungere un reale benessere interno, consumare (e inquinare) meno, e di conseguenza abbattere le bollette, non lo sono affatto.
Per comprendere a fondo le strategie di miglioramento, è utile partire dai principi che guidano questo concetto, tenendo in considerazione gli aspetti ambientali e il comfort interno.
Come funziona l’efficienza energetica in casa: i concetti che aiutano a risparmiare
In ambito edilizio, l’efficienza energetica non si limita a un’unica tecnologia o a un singolo parametro: si tratta di un insieme di fattori che concorrono a determinare il comportamento termico di un edificio. Possiamo individuare tre pilastri.
Pilastro n.1: l’involucro edilizio, ossia l’insieme di pareti, coperture, serramenti e solai, responsabili delle dispersioni. Se l’involucro è costruito o viene ristrutturato con materiali isolanti adeguati, la quantità di calore perso verso l’esterno durante l’inverno (o la quantità di calore indesiderato che entra in estate) si riduce notevolmente.
Pilastro n.2: gli impianti, che includono sistemi di riscaldamento e raffrescamento, la produzione di acqua calda sanitaria e l’illuminazione. L’adozione di generatori di calore ad alta efficienza (come le pompe di calore ad esempio), l’installazione di pannelli fotovoltaici, l’integrazione della domotica, etc., rappresentano soluzioni tecnologiche in grado di diminuire i consumi.
Pilastro n.3: il comportamento degli occupanti. È stato dimostrato che anche negli edifici più performanti, un uso scorretto o poco attento dei dispositivi (regolazione eccessiva delle temperature, abitudine di lasciare le luci accese in ambienti non utilizzati, o di non effettuare una corretta manutenzione) può vanificare parte dei benefici ottenuti con gli interventi strutturali.
L’efficienza energetica, pertanto, è frutto di un equilibrio tra scelte costruttive, tecnologie e stili di vita.
Come effettuare un’auto-diagnosi energetica della propria casa
Chiaramente una diagnosi energetica di una casa è qualcosa di complesso che deve essere demandato ai professionisti. Però riuscire a capire, in modo autonomo e semplificato, quali siano le criticità di un edificio dal punto di vista dei consumi energetici è possibile. Esistono metodi semplici, pur non esaustivi, per individuare i punti deboli e avere un’idea di come intervenire per migliorare l’efficienza energetica di una casa, prima ancora di contattare un professionista.
Analisi dei consumi
Un primo metodo di auto-diagnosi, che consente di capire se un’abitazione consuma troppo, è quello di confrontare le proprie bollette con i dati medi nazionali.
Questo sistema di auto-diagnosi deve necessariamente tenere conto di un bias: cioè il modo di utilizzazione della propria abitazione, che potrebbe essere poco o molto virtuoso. Se ad esempio, a fronte di un immobile isolato e con impianti mediamente efficienti, si tiene una temperatura interna invernale molto alta, i consumi probabilmente saranno molto elevati, anche con un immobile mediamente efficiente.
Ad ogni modo le bollette possono dare delle indicazioni di base abbastanza utili, soprattutto confrontando con i dati medi nazionali. Secondo le elaborazioni più recenti di ARERA ed ENEA, una famiglia italiana che utilizza il gas naturale per riscaldare gli ambienti e produrre acqua calda sanitaria registra valori di consumo abbastanza diversi a seconda della zona climatica.
- Nel Nord Italia un appartamento di circa 80-100 metri quadri può arrivare a utilizzare tra i mille e i milleduecento metri cubi di gas all’anno, per una spesa variabile di solito tra i 900 e i 1.300 euro.
- Più ci si sposta verso il Centro, più la forbice scende leggermente: in questo caso, i consumi tendono ad aggirarsi sugli 800-1.000 metri cubi annui, con una bolletta totale che può oscillare mediamente tra i 700 e i 1.100 euro.
- La situazione appare ancora più moderata al Sud e nelle Isole, dove il fabbisogno medio di gas si colloca spesso tra 500 e 800 metri cubi, mentre la spesa può fermarsi a 400-700 euro, grazie soprattutto agli inverni meno lunghi e meno rigidi.
Questo quadro rappresenta, naturalmente, una media di riferimento: le differenze tra le singole abitazioni possono essere notevoli e dipendono, tra l’altro, dallo stato di manutenzione degli impianti, dal livello di isolamento termico e dalle abitudini di chi vive nella casa. Se una famiglia si rende conto di spendere molto più di quanto indicato nelle fasce sopra riportate (a parità di metri quadri e condizioni climatiche), potrebbe esserci un problema di inefficienza energetica.
È sempre utile, inoltre, analizzare con attenzione l’andamento dei consumi nel corso delle diverse stagioni per individuare eventuali picchi anomali e capire in quali mesi le spese risultano più alte del previsto. Un aumento costante dei consumi (dato più efficace rispetto al costo che oscilla nel tempo per cause fuori dal nostro controllo) nel corso degli ultimi due o tre anni potrebbe segnalare il deterioramento graduale di componenti importanti, come le guarnizioni delle finestre o le prestazioni dell’impianto di riscaldamento.
Nel caso in cui emergano valori nettamente superiori alla media per la propria zona, una diagnosi energetica professionale diventa il passo successivo più appropriato, perché consente di identificare con precisione le cause di queste inefficienze e di valutare interventi mirati.
Un altro aspetto da considerare è la quota parte di consumi elettrici destinata al raffrescamento estivo: in alcune zone, l’uso massiccio di condizionatori può portare la bolletta a livelli molto elevati. Un confronto con le statistiche nazionali o con altre abitazioni nel medesimo contesto climatico può offrire un riscontro oggettivo sul grado di efficienza attuale.
Individuare le criticità visibili
Naturalmente verificare le bollette non è sufficiente, anzi potrebbe essere fuorviante come abbiamo detto poco fa. Quindi anche una verifica visiva di alcuni ben precisi elementi è importante al fine di individuare le strategie atte a migliorare l’efficienza energetica di una casa. Si tratta di controlli abbastanza semplici ma che consentono di rilevare in modo immediato i problemi più evidenti causa di elevati consumi e scarso comfort interno.
L’analisi deve riguardare due elementi che abbiamo già ampiamente richiamato:
- Involucro
- impianti
Involucro
Il primo elemento da osservare è la presenza di spifferi in prossimità di porte, finestre e cassonetti: se si avverte una corrente d’aria fredda durante l’inverno (o calda in estate), significa che i serramenti non garantiscono un’adeguata tenuta. In questi casi, è utile controllare le guarnizioni e la chiusura dei serramenti: le guarnizioni consumate, i vetri semplici o i telai deformati possono agevolare i flussi termici indesiderati.
Un altro aspetto da non sottovalutare rispetto agli infissi è il vetrocamera: detto che la sua presenza è già un indice di infissi minimamente performanti, non è però sufficiente. Infatti nel corso degli anni il vetrocamera tende a perdere efficacia perché i materiali si consumano e viene a meno la sigillatura tra i vetri. Pertanto se internamente alla camera d’aria si forma condensa è un campanello di allarme da considerare.
Oltre all’involucro trasparente c’è l’involucro opaco: pareti, tetti, pavimenti. Un indizio che segnala dispersioni e scarso isolamento è la presenza di muffe o umidità negli angoli delle stanze, soprattutto se queste macchie compaiono in corrispondenza dei ponti termici (pilastri, travi o altre discontinuità costruttive presenti nella muratura). La muffa spesso indica la compresenza di scarso isolamento e cattiva ventilazione.
Impianti
Oltre all’involucro edilizio, è fondamentale rivolgere l’attenzione anche ai componenti impiantistici. Se la caldaia è di vecchia generazione (ad esempio un modello tradizionale non a condensazione), ha sicuramente un rendimento basso e causa consumi maggiori e bollette più alte: raramente una caldaia di vecchia concezione ha rendimenti superiori all’80%, mentre una a condensazione teoricamente supera il 100%.
In ogni caso è sempre opportuno verificare la regolarità delle manutenzioni e le condizioni dei filtri o dei condotti, perché la sporcizia accumulata riduce l’efficienza. Lo stesso discorso vale per gli impianti di condizionamento (climatizzatori split o sistemi centralizzati): filtri interni intasati, scambiatori di calore incrostati o unità esterne parzialmente ostruite da detriti compromettono la resa e aumentano i consumi.
Se si notano differenze di temperatura marcate fra i diversi ambienti, può anche essere utile ispezionare i radiatori o i ventilconvettori, controllando l’eventuale presenza di aria nelle tubazioni o anomalie nella distribuzione del calore.
Un altro segnale di inefficienza proviene dai sistemi di regolazione: se si osserva un continuo accensione-spegnimento degli impianti di riscaldamento o raffrescamento senza raggiungere mai la temperatura desiderata, potrebbe esserci un problema di taratura, di integrazione dei dispositivi o di dimensionamento errato dell’impianto. In quasi tutti gli impianti tradizionali ad esempio mancano le valvole termostatiche sui radiatori (spesso anche su nuovi impianti purtroppo): ciò impedisce di regolare puntualmente il calore in ciascuna stanza, portando a sprechi notevoli.
Altro segnale di impianti poco performanti è dato dal sistema di distribuzione dell’acqua calda: i vecchi impianti erano realizzati con tubi non isolati, pertanto il calore viene disperso lungo il percorso dalla caldaia ai termosifoni. Se i tubi si trovano a pavimento o sulle pareti esterne questo calore viene regalato all’appartamento del piano di sotto o all’ambiente esterno. Capire se i tubi non sono isolati è semplice, anche se si trovano sott il pavimento: basta provare a seguirne il percorso con le mani.
Nel complesso, tutte queste criticità visibili, se individuate e annotate, forniscono un quadro preliminare prezioso per riconoscere i principali punti deboli dell’edificio e stabilire, con l’aiuto di un professionista, gli interventi di riqualificazione più urgenti e vantaggiosi.
Come migliorare l’efficienza energetica di una casa: dalla teoria alla pratica
Una volta individuate le criticità dell’immobile, si passa alla fase operativa: scegliere e realizzare gli interventi più adatti. L’efficienza energetica può essere migliorata intervenendo sull’involucro, sugli impianti o su entrambi. Come abbiamo già detto, la precedenza dovrebbe essere data agli interventi sull’involucro e solo successivamente agli impianti: mettere il motore di una Ferrari su una 500 non trasformerà quest’ultima in una macchina da corsa.
In questo paragrafo facciamo una panoramica sugli interventi più comuni, fermo restando che nei prossimi articoli della rubrica che iniziamo oggi andremo ad approfondire tutti questi aspetti in modo puntuale e dettagliato.
Interventi sull’involucro
Ormai è chiaro che, per migliorare l’efficienza energetica di una casa, il primo obiettivo è ridurre le dispersioni termiche. E pertanto intervenire sull’involucro edilizio, cioè dall’insieme di pareti perimetrali, coperture, pavimenti e serramenti. Ridurre le perdite di calore in inverno e l’ingresso di calore in estate permette di mantenere una temperatura interna confortevole senza ricorrere a un eccesso di energia.
Per quanto riguarda l’involucro opaco (muri) parliamo di isolamento. Il sistema ormai più diffuso in ambito di riqualificazione è il cappotto termico: consiste nell’applicazione di pannelli isolanti sulle pareti esterne dell’edificio, successivamente rifiniti con intonaci specifici o altri rivestimenti. I materiali più comuni con cui vengono realizzati i cappotti termici sono il polistirene espanso, la lana di roccia, il poliuretano, il sughero o la fibra di legno.
Naturalmente ci sono molte altre soluzioni, più o meno efficienti, e la scelta dipende dal budget, dalla zona climatica e dalle preferenze in termini di ecosostenibilità.
Inoltre c’è da evidenziare che in alcuni ambiti, come i condomini, il cappotto termico non è realizzabile in modo autonomo: per farlo deve essere il condominio stesso a dare attuazione ad un intervento di isolamento per tutto l’edificio. In questi casi il singolo proprietario può ricorrere ad alternative efficaci come il cappotto interno (che però comporta spesso perdita di spazio vivibile) e l’insufflaggio (quando possibile).
Invece per l’involucro trasparente l’intervento è abbastanza scontato: sostituire i vecchi serramenti con serramenti ad alte prestazioni. Finestre con doppi o tripli vetri, con trattamento basso-emissivi o selettivi a seconda della localizzazione, abbattono gli scambi di calore con l’esterno.
Di sicuro gli infissi sono un mondo complesso, forse più di quello degli isolanti, in cui bisogna muoversi con cautela per evitare di restare scottati. Approfondiremo questi aspetti in più di un articolo dedicato, infatti le questioni da affrontare sono molte:
- dai materiali con cui sono realizzati gli infissi (con il PVC che ormai la fa da padrona ma a cui bisogna stare attenti);
- ai sistemi oscuranti che rivestono un ruolo altrettanto importante, soprattutto in caso di tapparelle e dei loro alloggiamenti (i cassonetti) che sono spesso elementi critici in cui l’esecuzione a regola d’arte è fondamentale.
Ottimizzazione degli impianti
Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento rivestono un ruolo primario nel bilancio energetico di un’abitazione. Un impianto di riscaldamento è composto tipicamente da quattro parti principali: generazione (la caldaia), distribuzione (i tubi), emissione (radiatori/ventilconvettori/radiante/etc.), regolazione (i termostati).
Ognuno di questi elementi riveste un ruolo centrale per ottenere un impianto efficiente, che sprechi la minore quantità possibile di calore generato. Ma senza dubbio l’elemento centrale è proprio il generatore.
In Italia finora l’hanno fatta da padrone le caldaie a gas. Da ormai alcuni anni, se si opta per questa tecnologia, è obbligatorio installare caldaie a condensazione: cioè in cui viene sfruttato il calore latente dei fumi di combustione, ottenendo un rendimento più elevato rispetto ai vecchi generatori tradizionali. Dal 2025 però tutti i sistemi di generazione del calore che prevedono combustione (caldaie a condensazione, pellet, cipato, etc.) non possono più usufruire delle detrazioni fiscali. Solo per la loro versione ibrida, cioè integrata con una pompa di calore, viene fatta un’eccezione. Pertanto saranno progressivamente sostituite dalle pompe di calore: aria-aria, aria-acqua o geotermiche, se adeguatamente dimensionate, offrono un’ottima efficienza e possono essere associate a sistemi radianti a pavimento per massimizzare il comfort.
In quest’ottica l’integrazione dell’impianto di riscaldamento con fonti rinnovabili di autoproduzione rappresenta un ulteriore passo verso la riduzione dei costi. Un impianto fotovoltaico dimensionato per coprire buona parte del fabbisogno elettrico consente di alimentare la pompa di calore. Allo stesso modo il solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria, seppur sia ormai un sistema in rapida contrazione in favore del fotovoltaico, assicura un buon contributo diminuendo il carico sulla caldaia.
Merita una citazione la ventilazione meccanica controllata (VMC), in particolare quella con recupero di calore: vedremo in un apposito articolo che si tratta di un impianto ormai indispensabile per le case efficientate, che garantisce un ricambio d’aria continuo senza disperdere l’energia termica interna e evita la formazione di muffe e condense mantenendo l’aria interna pulita.
Infine due parole sull’utilizzo di sistemi domotici: sensori di temperatura, umidità e presenza consentono di attivare il riscaldamento o il raffrescamento solo quando effettivamente necessario, ottimizzando l’uso dell’energia e riducendo le dispersioni. Ma anche l’integrazione con tutti gli altri sistemi della casa consentono risparmi energetici significativi: controllo dei sistemi oscuranti in base all’illuminazione esterna, controllo dei carichi interni, sensori che accendono e spengono le luci automaticamente, sono tutti elementi fondamentali per migliorare l’efficienza energetica di una casa.
Conclusioni e prospettive future
Ormai l’efficienza energetica quando si ristruttura non è più un’opzione, ma è diventata una necessità. I benefici economici e ambientali sono evidenti: da un lato, è possibile ridurre i costi di gestione di un’abitazione e aumentarne il valore di mercato; dall’altro, si contribuisce in modo concreto al contenimento delle emissioni di CO2, contrastando nel proprio piccolo i cambiamenti climatici. Ma migliorare l’efficienza energetica di una casa migliora anche il comfort abitativo, inteso come benessere termico, qualità dell’aria e ridotta rumorosità: rappresenta un ulteriore vantaggio che incide sulla qualità della vita di chi abita lo spazio domestico.
Un aspetto su cui però bisogna essere chiari è che l’efficienza energetica non è semplice e non è qualcosa da un tanto al chilo. Per ottenere risultati tangibili, occorre seguire un approccio integrato: involucro edilizio performante, impianti efficienti e comportamenti virtuosi. Ed è necessario rivolgersi a professionisti: ormai non basta più solo l’architetto che progetta la ristrutturazione bella, ma ci vuole il termotecnico che progetta gli interventi di efficientamento energetico giusti.
L’argomento che abbiamo iniziato con questo articolo è vasto: non solo involucro e impianti ma anche materiali naturali e a basso impatto ambientale, lo sviluppo dell’Internet of Things (IoT) che rende sempre più diffusi i sistemi di controllo remoto degli impianti, gli edifici a energia quasi zero (nZEB) e le case passive.
Sono tutti argomenti che affronteremo, perché si prospetta un futuro in cui l’efficienza energetica non sarà più vista come un elemento accessorio, ma come il cardine di ogni progetto di nuova costruzione o di ristrutturazione.
© Riproduzione riservata.